venerdì 2 dicembre 2011

Riformare il Parlamento

E' sempre uno sparuto gruppo di agitati che muta le sorti di un paese in quanto la maggioranza della popolazione non partecipa alla vita politica o per disinteresse o per ignoranza oppure per timore delle novità. La Rivoluzione francese o quella comunista in Russia, nonostante la conclamata enfasi dei vincitori, partì da un ristretto numero di agitatori (perlopiù intellettuali) che radunarono un centinaio di proletari disposti a fare la rivoluzione, senza sapere per cosa o come. I garibaldini furono meno di mille ma entusiasmarono i contadini e la massa ignorante. Chi si agita, lotta e si mette in mostra, prima o poi troverà un seguito disposto a combattere per lui nella presunzione di un cambiamento (vedasi Antonio Di Pietro e Beppe Grillo divenuti partito), nell'indifferenza della maggioranza della popolazione, che non si espone e resta in attesa degli eventi, salvo poi a schierarsi col vincitore.
Anche in seno ai parlamenti si ripete la solita situazione: i promotori delle novità, delle correnti di partito, dei ribaltamenti sono pochi, la maggioranza degli eletti preferisce attendere istruzioni dal capo. A cosa servono, allora, quasi mille parlamentari tra Camera e Senato se poi non sono altro che dei passacarte su comando di chi guida il partito? Solo per fare una sceneggiata nei confronti degli elettori per avere qualche giorno o ora di visibilità?
Un'altra anomalia della democrazia parlamentare sono i patteggiamenti che avvengono tra governo e partiti, col risultato di leggi rabberciate da rivedere dopo qualche anno, mai visioni epocali al passo coi tempi e - soprattutto - leggi a prova di elusione e stabili, cioè che diano la garanzia ai cittadini di permanere nel tempo affinchè ciascuno possa regolare la sua vita con sicurezza, in conformità alle leggi.
Altri patteggiamenti avvengono al riparo da orecchie e occhi indiscreti ma sono talmente diffusi da essere a conoscenza di tutti: quelli con le grandi banche, le corporazioni industriali, sindacali e dei professionisti, ecc. Ove ogni controparte chiede al governo e ai gruppi parlamentari di modificare questo o quell'articolo, mantenere alcuni privilegi o elargirne dei nuovi. Tutto per salvaguardare i propri legittimi interessi corporativi a danno degli altri ma perchè con incontri e scambio di documentazione non alla luce del sole? Per esperienza personale abbiamo visto le continue gentili osservazioni e proposte arrivare a questo o quel parlamentare, di destra, sinistra e centro da parte dei potentati (confederazioni, banche, industrie, notariato, artigianato, ecc) che ricompensano i parlamentari di riferimento con contributi elettorali brevi manu, stampa di manifesti e programmi elettorali, ufficio con auto e segretaria, ecc. Per non parlare poi di fine settimana rilassanti o incontri con escort, tutte cose che già esistevano quarantacinque anni orsono e anche prima.
Se le cose sono queste e purtroppo è così a che servono mille parlamentari?
Non è meglio avere per snellezza di lavoro, minori discussioni e risparmio in benefit e vitalizi, la metà dei deputati e riformare completamente il Senato? Abolire l'odierno concetto di Senato per trasformarlo nella Camera delle Corporazioni, cioè il luogo ove le regioni, le confederazioni dei lavoratori e degli industriali, le associazioni dei commercianti, professionisti, artigiani e agricoltori, banche ed assicurazioni, ecc. siano legittimamente e proporzionalmente rappresentati, senza diritto di voto ma con ampia facoltà di proposte, discussioni ed emendamenti. Ma tutto alla luce del sole! Oltretutto una Camera che non costerebbe in quanto i rappresentanti sarebbero esponenti dirigenziali inquadrati professionalmente in specifiche categorie con proprie retribuzioni e le riunioni di confronto tra queste rappresentanze di società civile  avverrebbero, così come all'estero,  secondo un calendario prefissato con due, tre mesi di anticipo per non intralciare l'attività professionale dei rappresentanti o delle associazioni di provenienza. Una specie dell'attuale Cnel (Consiglio nazionale economia e lavoro) ma allargato ad altre voci della società e con i componenti eletti in seno alle varie associazioni (quelle riconosciute in quanto in regola per visibilità e numero degli aderenti come previsto anche da un articolo della Costituzione mai applicato).
Qualcosa del genere era stato predisposto fin dai tempi del fascismo con la Camera delle corporazioni delle arti e mestieri che, però, si aggiungeva al Senato di regia nomina.