Nel dibattito di Omnibus de LA7 tv, di domenica 4, il direttore de l'Opinione Arturo Diaconale ha sostenuto, non smentito dagli altri, che il governo di Mario Monti altro non è che un accordo dei cosiddetti poteri forti che sono nelle mani dei capigabinetto e direttori ministeriali con le varie lobbies che pilotano la politica in un perenne conflitto di interessi. Nel corso del dibattito i presenti hanno anche segnalato alcuni casi eclatanti di conflitto d'interesse di ministri e sottosegretari dell'attuale governo divenuti responsabili di dicasteri che dovrebbero vigilare sulle aziende da loro rappresentate, oltre all'assurdità di un ministro della Giustizia che è l'avvocato di imputati con cause ancora in corso di dibattimento.
Il 15 novembre avevamo scritto, a proposito della fine della democrazia, che la svolta Monti rappresentava la vittoria della "corporazione di interessi" e "una manovra dei veri poteri forti, quelli che dettano le regole ai politici", approfittando del fatto - come sostenuto il 28 novembre nel popolo farlocco - che "specie nei momenti di crisi economica e sociale (il popolo) spera nell'arrivo di un salvatore che non faccia parte della solita cerchia di politici", su cui riversare il suo plebiscitario consenso iniziale. Nel post "Per andare, dove" del 21 novembre avevamo ribadito che i poteri che dettano le regole ai politici sono nei ministeri, con gli inamovibili capigabinetto e direttori generali (loro restano, il ministro passa) e le varie lobbies degli interessi corporativi (dalle banche alle confederazioni, dai commercialisti ai medici, sino alle multinazionali e a qualche stato estero come il Vaticano). Tutte cose che ripetiamo da anni e che, finalmente, iniziano ad entrare nei dibattiti giornalistici, anche se i grandi giornali non sono altro che i portavoce delle lobbies bancarie ed industriali.