venerdì 30 settembre 2011

Eventi

Massimo Teodori e Luigi Covatta hanno lanciato l'iniziativa per convocare una costituente di cittadini e gruppi che si richiamano all'area laica, liberale, radicale, repubblicana e socialista per dar vita ad una associazione nazionale politica-culturale denominata "Libera Italia".  (http://www.associazioneliberaitalia.it/)

La "Casa delle Culture" creata da Patrizia D'Orsi dal 6 al 16 ottobre presenterà a Roma lo spettacolo "La Colpa", prodotto dalla compagnia Ginepro Nannelli  e liberamente ispirato dal libro di Jean Paul Sartre Le Mosche.  Un evento diretto da Marco Carlaccini con attori, senzatetto e musicisti. (http://www.casadelleculture.net/)

martedì 27 settembre 2011

Opinione pubblica e sociale

Con riferimento al post di ieri specifichiamo la differenza tra l'opinione pubblica e l'opinione sociale: l'opinione pubblica, in quanto opinione di un determinato pubblico (musicisti, utenti di una trasmissione televisiva, pensionati, dipendenti pubblici, ecc.) si coagula intorno a bisogni, valori, aspirazioni e comportamenti omogenei in quanto dipendenti da fattori esterni alle persone; fattori che contribuiscono a formare una coesione sociale (opinione) che sovrasta le singole personalità. E' sempre e in ogni caso "opinione soggettiva" quindi fatta propria dai soggetti di quel determinato pubblico, che ne sono consapevoli. Se oggettiva-soggettiva avrà una valenza addirittura superiore nella rilevazione tra indagine e realtà (vedasi  Demodossalogia ed opinione pubblica, 1998).
L'opinione sociale, in quanto opinione di uno strato eterogeneo di umanità (musicisti, pensionati, dipendenti pubblici, ecc.), è il risultato di una media statistica di opinioni soggettive diverse tra loro e non corrispondenti alla fotografia statistica del frattale indagato. Pertanto il risultato avrà una bassa valenza di oggettività-soggettività (adesione consapevole ad una aspirazione di gruppo, basata sugli stessi fattori esterni).
Concludendo: l'opinione pubblica si rileva su specifici pubblici; l'opinione sociale indaga l'opinione di un agglomerato umano presente in un frattale (porzione di territorio) oppure campioni  eterogenei estratti  da un universo statistico.

lunedì 26 settembre 2011

I presupposti dell'opinione pubblica

Generalmente si crede che l'opinione pubblica sia l'opinione dell'indistinta pluralità umana con la quale siamo giornalmente in contatto, qualcuno aggiunge che rappresenta la maggioranza dell'opinione della gente. Come demodoxaloghi diciamo che l'opinione della gente è pubblica in quanto espressa pubblicamente ma non è "opinione pubblica". Seguendo le indicazioni di Mascia Ferri e Robert K. Merton sosteniamo che codesta altro non è che "opinione sociale": cioè l'opinione di un agglomerato di persone presenti in un determinato frattale (porzione di territorio).
L'opinione pubblica è l'opinione di un determinato pubblico come, ad esempio, gli studenti (in genere) o quelli di uno specifico istituto (in particolare) in quanto le problematiche della vita scolastica sono pressapoco uguali per tutta la pluralità di studenti e sviluppano aspettative simili. Aspettative personali che si trasformano in aspirazioni collettive in quanto, come sostenuto da Kurt Lewin , la vita di gruppo è il risultato di "specifiche forze all'interno di un più ampio contesto" ove la condotta personale non crea l'opinione di quel pubblico preso in esame ma subisce l'influenza, senza esserne consapevole, delle condizioni o modalità che hanno contribuito alla formazione di quello specifico pubblico. Per gli studenti: il banco, l'aula, le interrogazioni, i libri, gli esami, gli orari scolastici, ecc., tutte costrizioni che generano risposte similari e quindi le opinioni del pubblico studentesco: l'opinione pubblica degli studenti. Tenendo però in debito conto le differenze nello stesso pubblico secondo come sia stato esaminato: pubblico oggettivo, soggettivo, virtuale con i vari incroci possibili (vedasi in proposito Demodossalogia ed opinione pubblica, edizione Sidd 1998).
Perchè si formano le opinioni sociali e quelle pubbliche?
L'umanità, da quando nasce, apprende i comportamenti per imitazione: il bambino guarda le persone più grandi, l'adulto gli altri. A mano a mano che l'individuo assimila un numero sempre maggiore di nozioni e di atteggiamenti le sue improvvisazioni diminuiscono; le sue azioni diventano stereotipate, prevedibili e coerenti. E' la socializzazione! In proposito esistono migliaia di libri e teorie consolidate.
Il secondo passo è l'aggregazione: per risolvere i problemi esistenziali di sopravvivenza, difesa, crescita l'uomo è spinto a far parte di un gruppo, di una società, deve contare sul sostegno di persone con una mentalità simile alla sua formando così veri e propri gruppi, ognuno con precise nicchie psicologiche in funzione delle quali vengono socializzati e nelle quali essi si adattano.
In seno al gruppo si forma l'opinione di quell'agglomerato umano che si suggestiona vicendevolmente proprio perchè tendiamo ad avere certezze che cerchiamo dagli altri: i genitori, i maestri, gli amici, gli scienziati, gli scrittori, i massmedia e via dicendo. Noi non abbiamo tutte le informazioni necessarie per farci un'opinione propria, facciamo il possibile per approfondire la conoscenza ma non riusciamo a raggiungere "tutte" le informazioni sull'argomento, pertanto la nostra opinione è - secondo Jacques Benigne Bousset - un grado intermedio tra il dubbio (che respingiamo) e la certezza (che non abbiamo). Appunto opinione: letta o ascoltata che, anche se con qualche variante, facciamo nostra ma è pur sempre l'opinione del gruppo di cui facciamo parte. E, in un agglomerato di persone,  basta che un piccolo gruppo di individui asserisca per certo un'evento accaduto che l'intero agglomerato (pubblico o folla) lo assuma come sua opinione, sia pure con modalità diverse. Con una suggestione che si contagia in proporzione al numero delle persone e alla ripetizione dell'oggetto, oltre che all'importanza che diamo a chi asserisce l'accaduto (politico, giornalista, sacerdote, genitore, ecc.). Pertanto crediamo sulla fiducia le informazioni che apprendiamo, rafforzando l'opinione con il "comune sentire" di altri soggetti che hanno formato la loro credenza in base al nostro stesso meccanismo, basato solo sulla suggestione della ripetizione. Infatti le religioni, le sette e le dittature, non potendo dimostrare scientificamente l'assunto, inculcano nei giovani ripetitivi racconti o litanie per rafforzare la convinzione di quanto appreso.
L'uomo, sosteneva Toddi, non riesce a comprendere il mo(vi)mentum (l'intero percorso e sfaccettatura di un'evento) ma solo il momentum cioè una parziale visione: l'apparenza del fatto non la sostanza. E l'opinione pubblica come quella sociale, pur con dei distinguo, altro non è che apparenza: cioè suggestione.
Riepilogando: la formazione dell'opinione pubblica passa attraverso tre modalità: l'imitazione, l'aggregazione e la suggestione (il convincimento) dei membri di uno stesso gruppo omogeneo (il pubblico). Nella folla il convincimento è momentaneo e basato sull'emozione passeggera degli individui.

Domani: la differenza tra opinione pubblica e sociale

mercoledì 21 settembre 2011

Presupposti psicosociali - 2

Completiamo la pubblicazione iniziata ieri dello studio sui presupposti psicosociali della demodoxalogia apparso sulla rivista Sociologia nel 1993 ma scritto (ad eccezione della parte finale) nel 1986.
Lunedì 26: i presupposti dell'opinione pubblica.



martedì 20 settembre 2011

Presupposti psicosociali all'inde - 1















. 1 - Domani continueremo e termineremo la riproduzione dello studio apparso nel 1993 sulla rivista Sociologia dell'Istituto Luigi Sturzo

lunedì 19 settembre 2011

Una scienza intrigante

Riportiamo dal magazine online Cybernaua (www.cybernaua.it/news/newsdett.php?idnews=3075) la cronaca di Maria Clara Mussa sulla conferenza sulla demodoxalogia:
"La scienza della Demodoxalogia nacque nel ventennio fascista fondata da alcuni esperti di comunicazione, ma soprattutto di "assunzione" di informazioni specialistiche, come quelle destinate all'Intelligence.
Fondatori: Adriano Giulio Cesare Magi-Braschi, nato nel 1917 e morto nel 1995, generale dell'Esercito Italiano.
Laureatosi in Germania in Psicologia sociale, e specializzato in Francia nell'analisi dell'opinione pubblica, è considerato uno dei pionieri della "Demodoxalogia", materia che negli anni sessanta venne chiamato ad insegnare da Federico Augusto Perini-Bembo  nell'università statale di Perugia.(°)
Paolo Orano, nato nel 1875 e morto nel 1945, scrittore, docente, senatore, deputato e attivista italiano, che, dopo una breve militanza nel Partito socialista italiano e, successivamente, nel Partito Sardo d'Azione, aderì al fascismo.
Giulio D'Orazio, laureato a pieni voti in sociologia con una tesi demodoxalogica (relatore F. A. Perini-Bembo correlatore D. De Masi) che è stato vicepresidente nazionale dell'Associazione nazionale sociologi (Ans) con M. Marotta e P. De Nardis presidenti.
E' proprio alla presenza di Giulio D'Orazio, si è svolta sabato 10 settembre scorso una conferenza sul tema.
Relatore, Francesco Bergamo, giornalista embeddeb, che ha illustrato con dovizia di esempi, l'uso della demodoxalogia, ad un pubblico riunito a Torvaianica, Roma, ospite della signora Giovanna Marra, insieme ad altri soci del Mensa http://www.mensa.it/ l'associazione internazionale che racchiude le menti più intelligenti, insieme alla presidente del "Mensa Italia" Alberta Sestito.
La Demodoxalogia è l'arte di saper assumere dati ed informazioni specialistiche da fonti "aperte" come giornali, tv, mass media in genere o notizie di basso profilo indicative di specificità più complesse.
Utilizzando fonti a cui tutti possono accedere, ma sapendo leggere tra le righe, analizzando a fondo contenuti e modo di esprimerli.
Un'arte che sicuramente viene utilizzata anche da chi vuole manipolare l'opinione pubblica, stigmatizzando comportamenti di avversari politici, creando campagne battenti temi negativi relativi a personaggi scomodi, diffondendo notizie di contagi per ottenere risultati decisi a monte da chi tali notizie vuol trarre vantaggi" (scritto da Maria Clara Mussa)
NdR: (°) libero docente di Storia del giornalismo, già assistente di Paolo Orano

Domani: I presupposti psicosociali alla demodoxalogia

martedì 13 settembre 2011

Il cambiamento

In occasione dell'anniversario dell'attentato alle torri gemelle di New York
politologi e giornalisti hanno solennemente affermato che nel decennio trascorso
(2001-2011)
il mondo è cambiato: con l'affermazione della Cina e dell'India, la crisi delle banche e dei paesi deboli        dell'area dell'Europa unita, l'avvento di internet e della rete di Google, la vittoria nella lotta al             terrorismo, delle rivoluzioni nell'area musulmana e così via.
Nel 2003 a Roccasecca dei Volsci (Latina) si svolse il IX convegno nazionale dei demodoxaloghi
per dibattere il tema
"Uno sguardo al futuro: gli effetti della globalizzazione"
Nella locandina (in alto) documentiamo l'avvenimento e l'impostazione del convegno:
"In questo ultimo decennio l'interpretazione della realtà si è modificata perché diversi appaiono il mondo e gli avvenimenti. La nuova fase mentale che avanza può essere capita e corretta se sapremo renderci conto dell'essenziale dal secondario".
Un tema che i demodoxaloghi hanno fatto proprio sin dagli anni '80 assimilandolo dal maestro Toddi (Pietro Silvio Rivetta) ed approfondito nei seminari e nel corso online svolto dalla Sidd.

venerdì 9 settembre 2011

Laura Ravetto

L'on. Laura Ravetto, sottosegretaria nel governo di Silvio Berlusconi nell'intento di sostenere e magnificare il governo e difendere "dagli attacchi dell'antipolitica" le prebende dei parlamentari, ha sostanzialmente affermato:
- se si farebbe un governo di salute pubblica, con l'appoggio di tutte le formazioni politiche, oppure si andasse ad elezioni anticipate sarebbe un segno di instabilità politica e quindi un cattivo segnale per gli operatori economici esteri, aggravando la situazione economica del Paese.
- i parlamentari del pubblico impiego una volta che non saranno più rieletti potranno rientrare nell'apparato statale e quindi non si troveranno nella lista dei disoccupati ma per i liberi professionisti (avvocati, ingegneri, ecc.) e i dipendenti e manager provenienti dall'impiego privato sarà difficile trovare un'adeguata sistemazione nel settore privato, logica per cui nel corso del mandato parlamentare fanno bene a svolgere anche la loro professione ed a garantirsi un'equa pensione sin dalla fine del mandato.
E' sicura la fedele sottosegretaria berlusconiana che una svolta politica non sarebbe apprezzata dal contesto internazionale che la interpreterebbe come il primo passo verso quelle vere riforme che tutti si aspettano?
In un Paese ove tutti si mettono in gioco e fanno sacrifici perchè i parlamentari dovrebbero tirarsi fuori? Se si comincia a giustificare l'onorevole che pensa al suo futuro da ex, si giustificherà poi anche il parlamentare che intrallazza con gli affaristi per mettere da parte il ricavato di qualche bustarella per quando non sarà più il rappresentante nominato dal partito.
(Omnibus de la 7tv del 7 settembre)

giovedì 8 settembre 2011

Se i ricchi piangono

In un nostro recente post abbiamo sostenuto che in una democrazia compiuta il prelievo fiscale dovrebbe essere progressivamente sempre più elevato sino a scoraggiare la formazione dei grandi patrimoni. E' stato obiettato che un fisco eccessivo scoraggia gli investimenti e spinge l'imprenditore a far fuggire all'estero i capitali. Ciò è vero ma questo avviene nei paesi, come l'Italia, ove l'evasione e l'elusione rappresentano un terzo del prodotto interno lordo; nei paesi a democrazia compiuta, ove tutti pagano il dovuto nella misura decisa dallo stato e ove vige un reale welfare, il prelievo fiscale non va a coprire i buchi del bilancio statale ma è investito, appunto, nel welfare: l'assistenza statale ai cittadini.
Quella somma di denaro prelevata dai grandi capitalisti che, a loro dire, sarebbe stata investita in ampliamento dell'azienda, acquisti di auto di lusso, barche, personale di servizio, ecc. e quindi in occupazione di mano d'opera diretta e tramite l'acquisto di beni, non rappresenterebbe altro che un investimento e quindi occupazione e aumento del prodotto interno lordo.
La stessa somma, prelevata dallo stato, svilupperebbe occupazione e pil in quanto andrebbe a coprire il welfare, cioè asili nido, scuole, assistenza medica e geriatrica, controllo del territorio e delle sofisticazioni alimentari, assistenza ai disoccupati, invalidi e famiglie bisognose, ecc. attivando l'edilizia scolastica e popolare, l'assunzione di personale medico, scolastico, sociale, nonché sviluppo dei trasporti e delle cooperative. Non sarebbe altro che una partita di giro: quello che i miliardari non spenderebbero in consumi di lusso lo stato lo spalmerebbe al servizio dei cittadini. La conseguenza sarebbe un livellamento sociale con pochi miliardari, un tenore di vita non esagerato nel consumismo ed uno stato vigile e attivo a sostegno di tutti. 
E' chiaro che ci riferiamo alla tassazione dei patrimoni personali (case, rendite, beni di lusso, ecc) e non alla tassazione delle aziende produttive che rientrerebbero in una politica di agevolazioni allo sviluppo e all'innovazione tecnologica. Gli imprenditori sono detti anche "capitani coraggiosi" in quanto hanno il piacere di creare, osare, lanciarsi nelle nuove idee; i veri imprenditori non portano i capitali all'estero perchè il loro piacere è la sfida, sono gli affaristi con il loro mordi e fuggi a porre il gruzzoletto al riparo dal fisco ma costoro non sono imprenditori sono intrallazzatori.
In paesi con un'esteso welfare (vedasi gli scandinavi) la criminalità è ai minimi termini, tant'è che nella recente strage dei giovani socialisti al campo estivo non è previsto l'ergastolo o pene severe per l'omicida, in quanto la popolazione non ha conosciuto gravi episodi di delinquenza.

mercoledì 7 settembre 2011

Avviso


Ci scusiamo con i lettori se i post sul sito non appariranno con la consueta frequenza pentasettimanale per tutto il mese di settembre, a causa di imprevisti.


venerdì 2 settembre 2011

L'opinione pubblica in Libia

Sull'agenzia giornalistica online Informatore Economico Sociale  di ieri primo settembre (n.142 anno 49) una intervista del direttore Francesco Bergamo all'unica imprenditrice italiana in Libia, contattata durante gli eventi bellici. Secondo l'interpellata, Tiziana Gannossi  ci sono diversi modi nella formazione del convincimento tra l'Italia e la Libia, in presenza di storie e culture diverse.

giovedì 1 settembre 2011

Sullo scambio generazionale

La vita umana fluisce attraverso le quattro note stagioni, infanzia, adolescenza, giovinezza, vecchiaia, che per disposizione naturale non si possono invertire, cambiare d’ordine, ma solo accettare, cercando di cogliere ciò che sono e che offrono di più o meno interessante, gioioso, problematico. Affrontare la vita, apprezzandola e valorizzandola nella sua varietà e immensità, è un impegno costante da svolgere attivamente con un certo approccio etico e nel tempo saggio. In particolare, la distinzione delle diverse fasi vitali diventa netta, con un discreto grado di consapevolezza, tra giovinezza e vecchiaia, simboliche del più ampio divario esistenziale mutevole, che va compreso per non incappare in uno stadio di infelicità. Insomma è opportuno che ognuno viva per l’età che sta attraversando, rispettando la conseguente e inevitabile evoluzione fisico-estetica e morale. Ciò non sempre accade, non a tutti, per svariate cause riconducibili sostanzialmente a maturità, coscienza, dissidio tra essere e apparire. Dunque, dei tanti aspetti che possono essere presi in considerazione in merito all’avvicendarsi delle età dell’uomo, qui si richiama l’attenzione sul possibile sbilanciamento di potere in seno alla società tra vecchi e giovani, che attecchisce nella cosiddetta gerontocrazia (dal greco, potere degli anziani).
Intanto vale la pena ricorrere da subito al Cicerone del De Officiis (I, 24), opera intrisa di grande humanitas, per riferirsi e definire la ripartizione dei doveri: “E’ dovere del giovane rispettare gli anziani, scegliendo tra essi i più specchiati e stimati, per appoggiarsi al loro autorevole consiglio; ché l’inesperienza giovanile vuol essere sorretta e guidata dalla saggezza dei vecchi. […] Quanto ai vecchi, essi dovranno diminuire le fatiche del corpo e aumentare gli esercizi della mente; e dovranno adoprarsi ad aiutar di consiglio e di saggezza quanto più è possibile gli amici, la gioventù, e sopra tutto, la patria” (Cicerone, Dei doveri, a cura di Dario Arfelli, 1991). Tutto ciò, solo che condivisibile, viene trasmesso, sin dall’infanzia, attraverso il senso civico. Pertanto sul filo dell’assunto ciceroniano, il giovane è spinto da freschezza di idee, ardore, entusiasmo, voglia di fare – che non devono e non possono essere abbattuti, piegati – perché ha un futuro avanti a sé, mentre il vecchio dovrebbe aver raggiunto un livello di saggezza tale da consentirgli di mettere a disposizione il suo background esperienziale alle generazioni future. Purtroppo non fila sempre così. Anzi, una fetta di geronti – che nell’antica, non quella di oggi, purtroppo malridotta, dilaniata Ellade, erano il baluardo della tradizione! –,  ben posizionati socialmente, sono quasi intoccabili, gelosi, invidiosi, pronti però a sistemare la loro prole come meglio possono. E il merito? Meglio attenersi strettamente al tema.
Sarà un paragone forse azzardato, ma neanche troppo se fondato sul confronto, sullo scambio generazionale, e non sullo scontro, sullo “sgomitare”, stando ciascuno al proprio posto, il seguente: non potrebbe rendere orgogliosi i “veterani” il veder crescere professionalmente i “novellini”, grazie anche al loro supporto, come accade ad un maestro autorevole, appassionato del suo mestiere, nei confronti dei suoi allievi? In fondo i giovani, soprattutto quelli che contano esclusivamente sulle loro forze per affermarsi e che sono disposti a dare un apporto significativo e determinante nell’ambito in cui operano, necessitano di modelli costanti, basati su exempla. Questo medesimo principio li porta ad essere spontaneamente deferenti sia verso il prossimo gerarchico che verso il loro impiego.
Se gli anziani seminano bene, i giovani raccolgono i loro frutti da cui ripartire per contribuire ad un miglioramento, un rinnovamento sensato della società, poggiante su basi solide, azioni paradigmatiche. È lo scambio generazionale appunto, che richiede fiducia reciproca. Non ci si può solo riempire la bocca di una vacua retorica esaltante: “i giovani sono il futuro del Paese”. Lo sono veramente, ma è necessario dargli il giusto spazio, riconoscendogli un ruolo, delle responsabilità. La frase formulata nella sua semplicità, a mo’ di slogan, è carica di significati importanti, che non possono essere certo banalizzati. La gioventù è simbolo di forza, di vigoria, di energia baldanzosa, da riversare, canalizzare e orientare in percorsi che possono presentarsi più o meno irti, ma in ogni caso, se ben compiuti, vantaggiosi per il bene comune. Il futuro è per definizione la dimensione temporale incerta, verso la quale però i giovani proiettano i loro progetti, piani, obiettivi, oggi la più bistrattata e ridicolizzata a causa del venir meno della fiducia e della speranza in esso.
Fermo restando il sacrosanto rispetto per ogni persona e in ogni situazione, in merito a quanto trattato, a conclusione è il caso di allacciarsi all’esergo (NdR: inteso come spazio complementare contenente una citazione) a I vecchi e i giovani di Pirandello: “ai miei figli, giovani oggi vecchi domani”. E la ruota continua il suo giro! (scritto da Antonella Tennenini)