giovedì 6 novembre 2014

Riformare la pubblica amministrazione

Il caso di Stefano Cucchi ha riproposto il tema dell'evanescenza della pubblica amministrazione ogni qual volta si tratta di individuare delle anomalie in seno allo Stato. Il fatto è che l'istituzione pubblica (molto probabilmente per una necessità di funzionamento) si presenta come una piramide di passaggi di competenze per cui alla fine non si riesce mai ad individuare il punto della filiera che ha bloccato, alterato o azzerato il procedimento in corso.
Mentre ai supermercati, ai call center, negli ospedali e in qualche ufficio postale i dipendenti hanno appuntato sul vestito un cartellino con il proprio nominativo presso tutti gli altri enti pubblici, dai ministeri ai comuni, non solo non si riesce a sapere il nominativo di chi ha protocollato la pratica ma spesse volte neppure chi sia il responsabile della trattazione in quanto questa si frantuma in ulteriori competenze di uffici diversi, ove per il rimpallo delle responsabilità nessuno se ne assume la paternità.
Le varie competenze su un unico atto amministrativo non hanno altro effetto che ritardare, con il passaggio da uno all'altro ufficio, la chiusura della pratica; per non parlare dei voluti insabbiamenti o del ricorso alla bustarella per snellire i tempi d'attesa. Quindi la filiera altro non è che il mascheramento di una pratica di stampo mafioso: il pagamento del pizzo (sotto altro nome e modalità).
Per esperienza professionale posso dire che all'estero qualsiasi pratica pubblica (da una multa a un finanziamento) inizia e termina con un unico funzionario e, se per caso occorressero ulteriori certificazioni o delucidazioni, è costui che si fa carico di adire agli altri uffici competenti. Il concetto è: chi riceve la pratica ne è responsabile e l'unico abilitato ad emettere il giudizio di competenza. In questo modo è facile risalire al responsabile in caso di errore e è difficile alterare (in qualsiasi modo) il percorso ed il risultato. Il cittadino, sapendo con chi ha trattato, può adire in caso di insoddisfazione nelle sedi più idonee contro il funzionario tralasciando il ricorso contro una generica istituzione che, per salvare se stessa, propende sempre in favore dei propri dipendenti.
I dipendenti pubblici sono contrari all'unica competenza per due motivi: dichiarano di non avere le conoscenze necessarie e che interpellare gli altri colleghi significherebbe perdere tempo. Cosa non vera poiché basterebbe trasmettere d'ufficio la pratica accompagnandola da una semplice telefonata e attendere il parere scritto. Temono di essere alla mercé del cittadino che potrebbe in qualsiasi momento denunciarli: è vero esistono prepotenti che alterano i fatti per ottenere ciò a cui non hanno diritto ma chi si è comportato secondo le norme previste non avrà mai nulla da temere, inoltre in caso di dubbi il funzionario può sempre (anzi deve) rivolgersi al suo superiore.
Il cartellino e l'unica responsabilità potrebbero rappresentare il primo passo di riforma senza costo e senza passare per il parlamento (essendo un atto di competenza dell'ente pubblico), consentendo inoltre di monitorare i tempi d'esecuzione dei singoli uffici e sanzionare i comportamenti scorretti.