mercoledì 28 ottobre 2015

La privatizzazione delle poste


Il servizio pubblico delle poste verrà trasformato in società per azioni e collocato in borsa con la vendita di  una parte delle azioni intorno al 40%, ma può un servizio pubblico (come le poste o i trasporti) divenire spa e quindi soggetto ad altre norme di diritto, appunto il diritto privato? Un fatto del genere certifica che lo stato ha deciso di cedere ai privati le sue funzioni non appaltando più attraverso le gare i suoi compiti fondamentali (infrastrutture, acqua, sanità, scuola, ecc.), cosa che in parte, a pensarci bene, è già avviata con le autostrade, i treni, l'elettricità, l'acqua, l'istruzione e persino la sanità.
Una società soggetta all'altalena delle quotazioni della borsa se non è governata con un'ottica imprenditoriale privata (tendente principalmente al profitto) può subire tracolli e l'esigenza improvvisa di raccolta di denaro, avranno le poste spa una riserva sufficiente per far fronte agli imprevisti? Abbiamo l'impressione che le attuali poste investino i depositi dei risparmiatori e degli acquirenti delle offerte finanziarie più in partecipazioni borsistiche che in riserva liquida, potendo contare per gli accantonamenti sull'ingente patrimonio immobiliare e tecnologico a scapito della riserva di cassa.
Se un giorno per effetto dei giochi di borsa occorresse aumentare il capitale sociale il 40% dei privati attingerebbe dal proprio portafoglio ma il 60% collocato al ministero del tesoro dove attingerebbe per la propria parte?
In sostanza sembrerebbe che l'operazione sia stata fatta più per dare la possibilità alle banche a corto di liquidi di attingere al denaro dei correntisti e risparmiatori delle poste. Quindi dei colossi bancari già sulla china del rosso che scaricherebbero su un'altro colosso (la Posta spa) un'imprevidente conduzione economica-finanziaria.
Ancora una volta un provvedimento per favorire le banche attraverso un giro di conti cartaceo.