venerdì 18 marzo 2011

Ritorno all'antico

Prima della Rivoluzione francese re, principi, vescovi, cardinali e sgherri al servizio delle autorità politiche o religiose potevano mandare al rogo o far marcire in carcere qualsiasi sventurato che avesse osato protestare contro le ingiustizie, asserire qualcosa in contrasto con il pregiudizio dei potenti o, se fanciulla, essersi rifiutata per una notte di baldoria. La legge imperante era quella del prepotente di turno che, sanzionando il popolo, in questo modo manteneva i sudditi sottomessi al potere assicurandosi la sopravvivenza politica.
La svolta del 1789 sancì il principio democratico dei tre poteri autonomi e specializzati nelle funzioni:
- il politico, destinato ad elaborare e promuovere l'ordinamento dello stato ed i rapporti dei cittadini tra loro e con le altre istituzioni;
- l'amministrativo, deputato ad applicare le leggi e far funzionare la pubblica amministrazione;
- il giuridico, cui affidare il giudizio sulle controversie e le pene da infliggere agli accertati rei di atti contro lo stato o i cittadini.
E' capitato che quando un potere, per un qualsiasi motivo, viene meno alla sua funzione o non risponde alle attese del popolo uno degli altri due poteri prende il sopravvento e, a volte, trasborda dalle sue funzioni invadendo campi o azioni non di sua pertinenza. Si tratta di malfunzionamento dello Stato: pressioni di un potere sull'altro ma come surrogatoria. Seguendo la legge di David Hume se non ci fosse la disfunzione del primo potere non vi sarebbe l'ingerenza del secondo.
Con il tempo le istituzioni si sfilacciano, all'interno si consolidano fazioni ed interessi mentre nel mondo mutano la tecnologia, le ideologie, i valori e le aspirazioni sociali. Si renderanno pertanto necessari dei ritocchi alle regole, non per nulla il parlamento è deputato a questa mansione. Ma, ogni volta che si prospetta qualcosa di diverso dalla prassi quotidiana, l'animo umano reagisce e rifiuta a priori la novità: è l'ancestrale paura per il nuovo, per l'ignoto, per la messa in discussione del consolidato e dei propri pregiudizi incosci.
Ma nell'apportare qualche mutamento ci sono anche le esagerazioni. Esse avvengono quando si intaccano i principi fondamentali, come nell'annunciata riforma della giustizia: le funzioni possono essere regolate in modo diverso ma l'autonomia della Magistratura è un principio intoccabile.
La separazione delle carriere potrebbe anche andar bene ma il pubblico ministero nell'esercizio delle sue funzioni non può essere sottoposto ai voleri del potere amministrativo. Il parlamento, nella sua pienezza dei poteri e (si suppone) nell'assunzione di responsabilità, può derubricare o varare nuove indicazioni giuridiche senza però intaccare l'autonomia del magistrato inquirente o del giudice, liberi - appunto - di valutare circostanze e gravità. Anche i magistrati a volte sbagliano, o per insipienza o su suggerimenti interessati, e per questo vanno puniti (responsabilità civile) ma con atti trasparenti, pubblici e con il contraddittorio del legale della parte lesa; un legale, non un politico o un amministrativo in quanto non ci può essere commistione tra i vari poteri.
Prendiamo il caso Ruby: i funzionari di polizia hanno asserito che tutto fu svolto regolarmente e non ci furono pressioni politiche o interferenze dei superiori, sono credibili? In quanto dipendenti pubblici in rappresentanza di un potere amministrativo non avrebbero dovuto avere interferenze dal potere politico; tuttalpiù Silvio Berlusconi avrebbe potuto telefonare al collega Roberto Maroni, che a sua volta si sarebbe potuto rivolgere al prefetto. Ma Berlusconi aveva fretta di far uscire la protetta Ruby dagli interrogatori e dall'ambiente della Questura. Come mai la magistrata non dette invece il suo benestare per il rilascio? Perchè, facendo parte del potere giuridico autonomo, non ricevette "consigli" dagli altri due poteri e neppure dal suo alto superiore: il guardasigilli Angelino Alfano.
Ci sono piccoli provvedimenti che potrebbero essere inseriti nella riforma epocale della giustizia, oltretutto senza costi. Piccole modifiche che sanerebbero disfunzioni che si accavallano ed intralciano il normale procedimento giudiziario: trasferimenti e promozioni soltanto al termine dei processi già avviati; divieto di esercizio della professione, nell'ambito della stessa giurisdizione, a magistrati ed avvocati legati fra loro da vincoli di parentela; riduzione dei gradi di giudizio e del numero dei testimoni.
C'è poi un principio giuridico universale che va salvaguardato: ogni nuova legge non potrà mai essere retroattiva, pertanto la "riforma epocale" non dovrà essere applicata ai procedimenti già iniziati.
Infine, il cittadino che si lamenta per una presunta cattiva giustizia deve capire che il giudice applica le leggi vigenti, con i relativi peduncoli cavillosi; l'ingiusta sentenza spesso altro non è che la bravura dell'avvocato avverso che ha saputo sfruttare gli interstizi giuridici in favore del suo difeso (in civile come in penale)!

Venerdì 25 p. v. una riflessione sul concetto di famiglia.