venerdì 17 febbraio 2012

Governabilità, dirigenza e licenziamenti

Sia la votazione elettorale per un Parlamento bipolare come quella per un Parlamento proporzionale non risolverà i problemi della governabilità del Paese in quanto la governabilità coincide con la dirigenza, quindi è questione di persone e cultura. Governabilità vuol dire saper condurre: una nave, un'azienda, una famiglia, una scuola, ecc. Ricavare i massimi benefici per la collettività con il minore sforzo ed esborso monetario. Il manager è colui che pianifica, prevede, incentiva, organizza e sorveglia; tutte funzioni che non si improvvisano perchè scelti dal padrone o dagli elettori ma frutto anzitutto di uno specifico studio e poi - principalmente - da una adeguata pratica nelle basse posizioni aziendali (per conoscere i risvolti della filiera di lavorazione e comando). E' statisticamente dimostrato che quando un'azienda passa dal padre (fondatore) al figlio (magari laureato) la produzione cala e l'impresa si avvia verso il declino. Questo perchè il fondatore è stato prima operaio e poi datore di lavoro, quindi è a conoscenza del completo ciclo aziendale e degli stessi dipendenti.
Sul piano governativo la questione non cambia: il presidente del Consiglio dovrà avere dei punti fissi da raggiungere, coadiuvato da ministri da lui scelti in quanto competenti e sulla stessa linea politica ma soprattutto licenziabili nel momento in cui ponessero ostacoli alle direttive approvate dal Consiglio dei ministri, così come il manager è licenziato dall'azienda (o dalla squadra di calcio) nel momento in cui non raggiunge i risultati.
Mentre si discute dell'art.18 che salvaguarda solo le categorie protette dei lavoratori (poche migliaia) dai licenziamenti per scarso rendimento, pretestuose assenze per malattia, sobillazione sindacale (poichè di questo si tratta e non d'altro) si tace sul parassitismo di quanti, specie nel pubblico impiego, non compiono il proprio dovere nella sicumera del posto fisso. Solo la possibilità dell'eventuale licenziabilità elimina i furbetti e gli scanzafatiche consentendo al dirigente la quantificazione e qualità del lavoro svolto, nella pubblica amministrazione come nel privato.
Ben venga, quindi, l'abolizione dell'art. 18 anche per il pubblico impiego!