venerdì 4 luglio 2014

E' sufficiente la legge elettorale?

Su qualsiasi fatto o argomento è normale che ci siano diverse interpretazioni e opinioni, rientra nella casistica dei comportamenti umani in quanto siamo animali complessi ove l'acquisizione delle informazioni e la loro valorizzazione e memorizzazione differisce da persona a persona per fattori sia soggettivi (stato di salute, studi compiuti, età, abilità professionali, ecc.) che oggettivi (ambiente storico, geografico, economico, tecnologico, politico, ecc.).
Nel corso di una discussione tra opposti pareri dovrebbe essere normale cercare la soluzione attraverso una mediazione che tenga presente i principi dell'una come dell'altra parte, almeno se si è in buona fede. Purtroppo gli interessi di appartenenza vanno spesso contro la logica della condivisione, come nel caso della legge elettorale in discussione al Parlamento.
Vediamo il pro e il contro di alcuni punti premettendo che qualsiasi sia la legge elettorale essa non sarà mai sufficiente per una stabilità politica e per un cammino parlamentare finalizzato alla crescita del Paese. In ogni cosa la persona è al centro e se non c'è una cultura adatta qualsiasi legge non sarà mai sufficiente. E' una questione anzitutto di dirigenti in grado di saper far fronte al compito che viene loro richiesto; una cultura manageriale basata: su un'elevata integrità socio-giuridica (non necessariamente abbinata ad una morale-religiosa), su un percorso intellettuale elevato rispetto alla media dirigenziale, su un'esperienza di vita attraverso vari comparti o attività lavorative oltre a pregressi  contatti con costumi, storie e tecnologie diverse.
- Una vera democrazia è basata sul motto "una testa un voto" (e chi non partecipa lo fa a suo danno e non avrà il diritto di lamentarsi), dal che si deduce che una democrazia parlamentare dovrebbe essere basata sul metodo proporzionale: se un consistente numero di elettori di un frattale elettorale dovesse scegliere un partito (o movimento politico) e un candidato in odore di mafia ma mai indagato neppure la Corte Costituzionale potrebbe opporsi all'elezione in parlamento.
- Una siffatta accettazione del metodo proporzionale potrebbe dare come risultato un consistente numero di partitini e personaggi che potrebbero mercanteggiare il loro voto in favore o contro il governo, perpetuando quella perniciosa instabilità governativa che non permette di portare a termine non solo le riforme necessarie ma anche i provvedimenti correnti.
- L'antidemocratico sbarramento del quorum è un freno al proliferare delle sigle e dei personaggi che aspirano al seggio parlamentare.
- Per superare il limite del quorum i vari partitini potrebbero federarsi in una lista unica per poi separarsi ad elezione avvenuta. Una prassi legittima nel gioco politico democratico.
- Potrebbe anche verificarsi il caso che, stante la composizione del parlamento, nessuna formazione politica possa essere in grado di formare un governo stabile.
- Ecco allora il cosiddetto premio di maggioranza a chi prende più voti.
- Si dice che gli elettori non sono in grado di scegliere pertanto è meglio che siano i partiti a proporre i candidati (anche se i vari scandali ci dicono il contrario).
- C'è chi è favorevole alla lista unica di candidati (per ciascuna formazione politica) valida in tutta Italia e chi vorrebbe collegi elettorali circoscritti su un territorio limitato.
- Come conciliare le varie ipotesi?
- Salvaguardare la volontà dell'elettore di un singolo collegio di eleggere il proprio mafioso senza influire nella composizione del parlamento, garantire al governo una maggioranza stabile, lasciare ai partiti (tanto su questo punto non mollerebbero mai) la possibilità di scegliere i candidati (magari dal listone nazionale oggi computato coi resti).
- Necessariamente dovremmo votare in due turni come alle comunali: nel primo turno potremmo scegliere, per es., dalla lista locale (collegio circoscritto come oggi il Senato) uno o due nomi del candidato preferito. Agli eletti verrebbero attribuiti il 60% dei seggi totali disponibili, il restante 40% dovrebbero essere attribuiti al secondo turno in modo da dare stabilità governativa al vincitore. 
- Al ballottaggio del secondo turno verrebbero ammessi solo i primi due e si potrebbe votare unicamente il nome del presidente del Consiglio dei ministri proposto dalle rispettive formazioni politiche, attribuendo al vincitore il 40% dei seggi disponibili traendo gli eletti dalla lista nazionale del partito. In pratica - per ognuno dei due - ci sarà il nome del proposto presidente e una lista di candidati, l'elettore voterà solo per il presidente che, se vincitore, porterà tutta la lista in parlamento aggiungendola agli eletti nel primo turno. Ammesso che nel primo turno abbia preso solo il 20% dei seggi con il 40% del secondo turno avrebbe la maggioranza del 60% e quindi la stabilità. Se nel primo turno avrà preso di più avrebbe una maggioranza bulgara! Oltretutto i risultati si saprebbero poche ore dopo la chiusura dei seggi.
- Le liste dei candidati a presidente con il relativo listone nazionale dovrebbero essere presentate al Viminale insieme alle liste per i collegi territoriali e affisse e portate a conoscenza degli elettori come per le altre. Si eviterebbero così le dannose ammucchiate del secondo turno per raggiungere il quorum del 40%.