Sono in molti a criticare la coalizione sociale proposta da Maurizio Landini, il leader della Fiom, alcuni perché ne intravedono un pericolo per la propria carriera politica altri perché non l'hanno capita, anzi perché non hanno una visione del futuro (che è peggio dell'ignoranza).
Nella Indagine demodoxalogica sul post-industriale (novembre 1986) sostenemmo che nel futuro ci sarebbe stato il problema di "trovare un punto di equilibrio nell'accesso e nella distribuzione del reddito. La distinzione sociale non sarà più fra lavoro dipendente e indipendente, fra tute bleu e colletti bianchi, ma nella ripartizione del tempo di lavoro e non lavoro [ndr: vedasi tabella del 26 marzo u.s.) e nella soddisfazione dei nuovi bisogni che dovranno trovare politiche ed organizzazioni economiche atte a soddisfarli. [..] lo scenario più probabile è quello di un reticolo ove nessuno assumerà importanza strategica ma ognuno dipenderà dall'altro, creando un equilibrio che perpetua e conferma quello già esistente in natura. [...] Le istituzioni e le relative modifiche sono la conseguenza di ideologie divenute dominanti, che a loro volta traggono sostentamento da un diverso modo di lavorare e di avere rapporti. [...] prima tappa di una riforma dello stato e dei poteri decisionali perché la possibilità di comunicare immediatamente e direttamente rende inutile, e a volte dannosa, l'intermediazione degli altri [ndr: partiti, sindacati, ecc.] e delle istituzioni. Ed anche perché prenderà sempre più coscienza che la delega ha portato l'umanità sull'orlo di catastrofi nucleari o ecologiche. La svolta consisterà in una apparente anarchia derivata dalla multiformità di direzioni e decisioni, per cui la gente considererà se stessa non come facente parte di un gruppo omogeneo ma, ha detto Alvin Toffler, come individui differenziati, ciascuno coi propri bisogni e desideri.
L'aggregazione sociale di Landini (operai, impiegati, commercianti, professionisti, ecc.) è la risposta al futuro: coalizioni momentanee di più soggetti che superando i sindacati ed i partiti tendono a risolvere i problemi comuni, pochi ma condivisi.
Nuovi associazionismi che ridimensioneranno i partiti e modificheranno le rappresentanze e le istituzioni, vedasi il movimento politico di Beppe Grillo e la riforma del Senato verso le rappresentanze regionali.