Una settimana dopo i risultati elettorali e l'interpretazione di politici, giornalisti e semplici cittadini sul significato della volontà espressa alle urne, è opportuno con animo disteso e senza la foga della partigianeria che, spesso, offusca la ragione commentare pacatamente quello che comunemente è detto lo stato dei lavori.
Sempre riferito alle quattro grandi città (come e perchè spiegato nel post dello scorso 3 maggio) e ai referendum è indubbio che il grande sconfitto sia proprio Silvio Berlusconi e non la sua formazione politica che, complessivamente su tutto il territorio è arretrata di qualche punto ma percentualmente è ancora il primo partito in Italia anche se con l'alito della sinistra sul collo. Alle amministrative Berlusconi, vedasi Milano, la sua città, ove si era candidato al n. 1 per il consiglio comunale e si era prodigato nella campagna elettorale in favore di Letizia Moratti ha ottenuto un numero di preferenze di gran lunga inferiore a quello dei passati trionfi. Ai referendum l'affluenza più alta si è avuta proprio al Nord del Paese contrastando le indicazioni astensioniste del premier. Sono risultati chiari che non possono essere camuffati in nessun modo, tuttalpiù c'è da chiedersi perchè ha perso: una campagna elettorale sbagliata o l'influenza delle vicende personali? disaffezione dell'elettore in seguito all'attuazione di mancate promesse o un vento nuovo che soffia sulla politica?
Il divario di partecipazione degli elettori alle scelte sui quesiti referendari è oscillato intorno ai due punti: più alto in favore dell'acqua e meno per il nucleare e il legittimo impedimento. L'interpretazione è semplice: 1) solo il 2% dei votanti ha espresso la sua volontà in base ad un ragionamento scaturito dall'attenta lettura ed interpretazione dei quesiti; 2) la maggioranza dei cittadini, recatisi a votare, più che ai quesiti veri e propri ha inteso punire la politica governativa esprimendo un voto contrario alle aspettative-speranze della compagine berlusconiana.
Come demodoxaloghi più volte abbiamo sostenuto che il popolo assai spesso non fa scelte giuste ma si esprime attraverso l'emozione, la suggestione affascinante, quello che, in altre parole, i sondaggisti chiamano il "sentiment". Sappiamo, per esempio, che la rete idrica di quasi tutti i comuni perde acqua e ha bisogno di grandi lavori di manutenzione e rifacimento ma gli enti locali non hanno le risorse finanziarie per intervenire; col "si" abbiamo imposto ai comuni di effettuare i lavori in proprio senza cedere in concessione onerosa ai privati la gestione dell'acqua. Se non c'è stato il denaro negli scorsi anni per tali lavori è ben difficile che ce ne sarà nei prossimi, col risultato che i disservizi aumenteranno. Dare una qualsiasi cosa in gestione ai privati vuol dire assicuragli un tornaconto, generalmente economico, in quanto l'imprenditore anche se fa rima con benefattore tale non è e vuole il suo ricavo. Se gestita bene, la risorsa acqua vedrebbe in ogni caso l'aumento delle tariffe (sia nel pubblico che nel privato) ma temiamo che anche in mano privata i lavori si limiterebbero ai rappezzamenti.
Stante quanto detto molti potrebbero pensare che il decano abbia votato per il no, ho invece votato per il "si" principalmente per la seguente considerazione: la cronica mancanza di lavori alla rete idrica ha fatto in me sorgere il dubbio che ciò sia stato voluto per mettere in dissesto gli acquedotti in modo da poter poi favorire l'ingresso dei privati, col 7% garantito di ricavo. E che, per di più, tali privati non siano altro che prestanome o parenti o amici degli amministratori locali, così come avviene per la riscossione dei tributi e in quegli altri servizi locali (autobus, nettezza urbana, ecc.) "appaltati". Peggio ancora quando la società appaltante è mista: ai privati il guadagno, al pubblico le spese!
Per quanto concerne il nucleare abbiamo dato al governo l'arma per azzerare i finanziamenti alla ricerca della prevenzione e dell'eventuale sviluppo del settore, con la conseguenza che, in caso di inquinamento anche proveniente dall'estero, ci troveremmo indifesi. Per quanto riguarda il legittimo impedimento di convocare in giudizio il premier ed i ministri non abbiamo fatto altro che fornire l'alibi per il ripristino dell'immunità parlamentare, anelata da tutti i partiti nonostante le riprovazioni pubbliche.
E' la controprova di come il popolo si fa prendere dagli entusiasmi e si esprime, anche elettoralmente, di riflesso senza un giudizio logico. D'altro canto ci sono alternative? Solo nella consolazione di aver sconfitto l'imperatore che si dichiarava il più amato dagli italiani. Nella speranza che qualcosa cambi.
Il divario di partecipazione degli elettori alle scelte sui quesiti referendari è oscillato intorno ai due punti: più alto in favore dell'acqua e meno per il nucleare e il legittimo impedimento. L'interpretazione è semplice: 1) solo il 2% dei votanti ha espresso la sua volontà in base ad un ragionamento scaturito dall'attenta lettura ed interpretazione dei quesiti; 2) la maggioranza dei cittadini, recatisi a votare, più che ai quesiti veri e propri ha inteso punire la politica governativa esprimendo un voto contrario alle aspettative-speranze della compagine berlusconiana.
Come demodoxaloghi più volte abbiamo sostenuto che il popolo assai spesso non fa scelte giuste ma si esprime attraverso l'emozione, la suggestione affascinante, quello che, in altre parole, i sondaggisti chiamano il "sentiment". Sappiamo, per esempio, che la rete idrica di quasi tutti i comuni perde acqua e ha bisogno di grandi lavori di manutenzione e rifacimento ma gli enti locali non hanno le risorse finanziarie per intervenire; col "si" abbiamo imposto ai comuni di effettuare i lavori in proprio senza cedere in concessione onerosa ai privati la gestione dell'acqua. Se non c'è stato il denaro negli scorsi anni per tali lavori è ben difficile che ce ne sarà nei prossimi, col risultato che i disservizi aumenteranno. Dare una qualsiasi cosa in gestione ai privati vuol dire assicuragli un tornaconto, generalmente economico, in quanto l'imprenditore anche se fa rima con benefattore tale non è e vuole il suo ricavo. Se gestita bene, la risorsa acqua vedrebbe in ogni caso l'aumento delle tariffe (sia nel pubblico che nel privato) ma temiamo che anche in mano privata i lavori si limiterebbero ai rappezzamenti.
Stante quanto detto molti potrebbero pensare che il decano abbia votato per il no, ho invece votato per il "si" principalmente per la seguente considerazione: la cronica mancanza di lavori alla rete idrica ha fatto in me sorgere il dubbio che ciò sia stato voluto per mettere in dissesto gli acquedotti in modo da poter poi favorire l'ingresso dei privati, col 7% garantito di ricavo. E che, per di più, tali privati non siano altro che prestanome o parenti o amici degli amministratori locali, così come avviene per la riscossione dei tributi e in quegli altri servizi locali (autobus, nettezza urbana, ecc.) "appaltati". Peggio ancora quando la società appaltante è mista: ai privati il guadagno, al pubblico le spese!
Per quanto concerne il nucleare abbiamo dato al governo l'arma per azzerare i finanziamenti alla ricerca della prevenzione e dell'eventuale sviluppo del settore, con la conseguenza che, in caso di inquinamento anche proveniente dall'estero, ci troveremmo indifesi. Per quanto riguarda il legittimo impedimento di convocare in giudizio il premier ed i ministri non abbiamo fatto altro che fornire l'alibi per il ripristino dell'immunità parlamentare, anelata da tutti i partiti nonostante le riprovazioni pubbliche.
E' la controprova di come il popolo si fa prendere dagli entusiasmi e si esprime, anche elettoralmente, di riflesso senza un giudizio logico. D'altro canto ci sono alternative? Solo nella consolazione di aver sconfitto l'imperatore che si dichiarava il più amato dagli italiani. Nella speranza che qualcosa cambi.