mercoledì 13 aprile 2011

Analogie tra Caligola e Berlusconi

Dall'Enciclopedia storica Zanichelli (edizione del 1975) apprendiamo che Caio Giulio Cesare Caligola, nato ad Anzio e deceduto a Roma fu "ucciso da una congiura di senatori e cavalieri guidata dal tribuno Cassio Cherea" (allora non c'erano la Magistratura ed il Pubblico Ministero ma soggetti più sbrigativi come i miliziani a cavallo ed i tribuni, cioè oratori inquirenti). Era così chiamato per la caliga  (calzatura militare) usata sin da bambino. Succeduto all'imperatore romano Tiberio (l'equivalente dell'attuale presidente della Repubblica), "privo di ogni esperienza politica, considerò assoluta la sua autorità, pretendendo onori divini e introducendo nella corte un fasto orientale; rese così inevitabile il contrasto con il Senato (allora non c'era anche la Camera dei Deputati), che cercò di superare sollecitando il favore popolare. Le carenze della sua politica apparvero più palesi nei rapporti con gli stati soggetti" (oggi Francia, Tunisia e così via). Tali carenze "servirono solo ad indebolire la sua autorità" (vedasi i rapporti con gli Usa di Barak Obama, l'uscita dei finiani dal partito, la presa di distanza di qualche personaggio cattolico e dell'impero economico-mediatico, ecc.). "odiato anche per la sua dissolutezza finì ucciso".
Nell'impero romano i centri di potere erano il Senato, qualche tribuno e le legioni militari, bastava un loro appello al popolo (un ristretto numero di civicus romanus) per far salire i gradini del potere e della notorietà. Anche l'odierno imperatore Berlusconi è giunto al potere privo di esperienza politica, fondando, sciogliendo e rifondando (magari dal predellino di un'auto invece che in sella al cavallo preferito) formazioni partitiche basate nominalmente sulla tetrarchia (suddivisione in parti), come era all'inizio di Forza Italia (Berlusconi, Fini, Casini) ed ora con i coordinatori del Popolo della Libertà. Per la storia Caligola attuò la tetrarchia in Palestina e con Antioco IV. Il nostro presidente del Consiglio, giunto al potere con una maggioranza di parlamentari mai vista nelle precedenti legislature, neppure ai tempi della Democrazia cristiana, pur avendo varato qualche riforma (alcune dannose, altre a proprio beneficio, così come nello spirito di  Caligola che nominò senatore il proprio cavallo) si è lamentato pubblicamente di avere le mani legate: in tema di economia, con la globalizzazione ha dovuto fare i conti sul piano internazionale; in politica interna prima c'erano quei cattivoni di Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini ed ora ci si è messo anche il Capo dello Stato Giorgio Napolitano. Per governare occorre che l'imperatore abbia l'"assoluto potere" con i relativi fasti e per questo motivo  - anche il nostro premier -  "sollecita il favore popolare" (come Tiberio).
Non si è accorto che da allora ad oggi sono passati duemila anni? Oppure: c'è o ci fa?

Domani: acqua, terra ed emigrazione