martedì 14 giugno 2011

Sul risultato referendario

I lettori che ci seguono ricorderanno che sin dal 3 maggio scorso (a proposito delle elezioni amministrative) avevamo scritto che prevedevamo un "voto rivoluzionario (alternativo al palazzo) come ultima chance democratica prima della rivolta di piazza", specificando nei blog successivi la risorta voglia di partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica.
Mentre da decenni non si assisteva più al raggiungimento del quorum referendario con l'affluenza registrata sabato e domenica la volontà del popolo di partecipare e decidere è ormai a tutti chiara.
Le nostre previsioni non scaturivano da sensazioni ma dal metodo demodoxalogico di interpretazione delle opinioni. Anzitutto abbiamo ascoltato le chiacchiere della gente comune, poi abbiamo sottoposto ad analisi alcune frasi e parole d'ordine dei politici più noti apparsi nelle tv, infine abbiamo valutato giudizi ed aggettivi di giornalisti opinionisti attraverso i loro scritti apparsi sulla stampa quotidiana.
L'opinione del popolo, raccolta nei mercati e nei bar, se prevalente in una direzione già è per se stessa un'indicazione, ma potrebbe essere un fenomeno locale. Alcune frasi sfuggite ai politici nel corso di infervorati talk show denotano timori (per un calo di consensi) o prese di distanza dalla linea del capo o del partito; i lapsus, i silenzi e le esternazioni svolte con troppa foga sono indicativi dello stato d'animo del personaggio (specie se raffrontato con la sua normale condotta). Infatti come demodoxaloghi abbiamo sempre presente l'affermazione di Max Nordau (Le menzogne convenzionali della nostra civiltà, del 1883): relativa al "contrasto fra il nostro modo di pensare e il nostro modo di agire". Approccio filosofico e metodologico fatto proprio dalla demodoxalogia e trasferito, sulla scorta dell'apporto psicologico, alla decodificazione dei messaggi (come da me illustrato sulla rivista della Sips  Scienza e Tecnica n.313 dell'ottobre 1996 in "Perchè esiste la disinformazione?"). Due piccoli esempi: se un politico, nel corso della stessa trasmissione televisiva, più volte con foga inaudita proclama che il suo partito risulterà vincente alle elezioni lo fa per rincuorare se stesso e appellarsi inconsciamente all'elettorato; se qualcun'altro suggerisce di rivedere atti di governo o programmi, dopo il voto, significa che ha la sensazione che gli elettori del partito non siano soddisfatti di quanto operato.
La controprova della tendenza elettorale (dopo l'ascolto dei cittadini e l'analisi dei discorsi dei politici) la si ottiene dall'attenta lettura dei quotidiani, nella convinzione demodoxalogica che il normale cittadino acquirente di una determinata testata giornalistica quotidiana ritrova in quel giornale il suo pensiero inespresso (culturale, politico, ecc.) che affina inconsapevolmente, nel tempo, attraverso la lettura degli articoli che lo soddisfano, contribuendo così alla formazione dell'opinione (pubblica, in quanto collettiva) dei lettori di quella determinata testata giornalistica. Sulla scorta delle copie vendute si possono calcolare eventuali risultati elettorali, per esempio se la Repubblica vende 600 mila copie e il Giornale 300 mila è facile intuire che i votanti per il centrosinistra saranno più numerosi del centrodestra.
Ovviamente il rapporto tra il messaggio scritto di un giornale e i suoi elettori non ha riflessi immediati ma evolve e si consolida nel tempo e dopo varie prese di posizione, pertanto l'esame dei testi non può prendere in considerazione solo quelli nel corso della competizione elettorale ma partire da almeno un anno prima. Anche il passaggio dell'elettore dal voto all'astensione o viceversa, e dalla destra o dalla sinistra al centro o viceversa, non avviene da un giorno all'altro ma attraverso varie fasi successive che i talk show possono solo accelerare sotto la spinta emotiva. Le motivazioni elaborate attraverso la stampa impiegano tempi lunghi per giungere a conclusione ma sono più solide. Il vento di cambiamento, nella partecipazione ad un voto alternativo al palazzo, è iniziato negli ultimi mesi dello scorso anno e, man mano, si è espanso e consolidato sino ai recenti risultati elettorali referendari e delle quattro grandi città di Milano, Napoli, Torino e Bologna.