L'immagine riproduce la copertina del settimanale L'Asino del 1 maggio del 1904, al suo tredicesimo anno di vita. Uno dei tanti periodici della cosiddetta sinistra del primo Novecento, che hanno contribuito a sviluppare la partecipazione alle vicende sociali e la crescita della classe operaia attraverso le cooperative sociali, il partito socialista e poi il partito comunista; sino all'avvento del fascismo e poi nell'immediato dopoguerra.
Nell'immaginario collettivo è rimasta ancora la visione dei giornali come vessilliferi di idee, educatori e formatori di una classe sociale, come è stato sino alla metà dello scorso secolo. I fatti e le idee appresi dalla stampa venivano discussi all'osteria e in famiglia stimolando la partecipazione all'attività politica, attraverso il voto o, addirittura, l'iscrizione al sindacato o ad un partito. Ma, oltre ai giornaletti della sinistra esistevano anche quelli "neutri" o della borghesia, che non aveva bisogno di fomentare la piazza o organizzare apparati politici di sostegno: l'espressione politica del voto era riservata solo agli uomini non analfabeti, cioè alla borghesia che era al potere; il popolo ignorante poteva solo manifestare il suo malumore in piazza, ma con discrezione e sino all'arrivo dei carabinieri. Poi ci fu la grande svolta del suffragio universale e nel dopoguerra, con il governo di Alcide DeGasperi, la possibilità del voto fu estesa alle donne.
Prima dell'avvento del fascismo la pattuglia dei socialisti riuscì a varare varie riforme in favore della classe operaia, nel dopoguerra la sinistra socialista e comunista (l'opposizione più forte) riuscì a trovare un accordo con l'egemone Democrazia Cristiana (che non ha mai rappresentato, nel suo insieme, la classe borghese) su varie leggi in favore dei braccianti, degli operai e delle famiglie numerose.
Ma tutto quello che, nel tempo, i partiti democratici sono riusciti a fare in favore della classe operaia non ha intaccato i poteri della borghesia, o di quella parte della borghesia che ha sempre detenuto il vero potere. Basta scorrere l'elenco dei parlamentari dall'unità d'Italia ad oggi: ricorrono sempre gli stessi cognomi che, tra padre, figlio e nipote, hanno solo cambiato la casacca. Qualche comunista ha avuto il padre federale o lo zio prefetto mussoliniano ma la famiglia è sempre stata un punto di riferimento territoriale.
Il fatto è che, sino all'avvento di Bettino Craxi e in modo particolare nelle piccole città di provincia, si è perpetuato il modo di scegliere gli amministratori politici nelle mura ovattate dei salotti "buoni". Gli eredi della nobiltà, i monsignori, i proprietari terrieri, i banchieri, gli immobiliaristi e gli industriali "sceglievano" il candidato da proporre, secondo logiche rispondenti ai loro interessi. Ove il candidato era, spesso, scelto nell'ambito della parte politica opposta ma "garantito" da uno o due rappresentanti del cartello borghese.
Per accrescere l'amicizia, foriera di buoni affari, ci sono sempre state cene, the, balli e scambi di vedute (o di figurine) nei palazzi e nelle ville dei veri detentori del potere, è la politica delle relazioni pubbliche! A Roma ancora si ricordano le cene politiche dall'onorevole Renato Angiolillo, fondatore del quotidiano Il Tempo, o quelle che si svolgevano nella residenza marina di un conte, quali antesignane (anni 50-60) dei bunga bunga di Arcore, ove si scambiavano le consorti o le amiche di turno (assai di moda in quegli anni), finchè una sera, nel corso di una festicciola, il padrone di casa uccise la moglie è si suicidò. Fu un atto di gelosia, scrissero i rotocalchi, in quanto la consorte si era troppo appassionata al gioco passando da questo a quel commensale; qualcuno però disse che l'anfitrione era indebitato e che le feste coprivano, in realtà, spartizioni a tavolino di appalti e nomine negli enti pubblici.
Negli anni seguenti anche i socialisti si buttarono a capofitto nelle cene di lavoro con personaggi dell'industria e della finanza. Il vero motore della politica sono gli affari, è sempre stato così, e non cambiano neppure i tessitori delle trame politiche che contano (Gianni Letta, Giovanni Bazoli, Cesare Geronzi, Cirino Pomicino, Giancarlo Elia Valori, etc,) anche se oggi si sono moltiplicati i valvassini e valvassori.