Le donne, nonostante la celebrazione della loro festa (8 marzo) hanno perso la battaglia che una volta si chiamava "le quote rosa": la parità nel numero dei candidati alle elezioni politiche tra sesso maschile e sesso femminile, camuffata sotto la dicitura di parità di genere.
Parità di genere non implica la parità dei sessi per cui nelle liste elettorali - a rigore di logica se vogliamo rispettare la parità - ci dovrebbe essere una uguale proporzione non solo di uomini e donne ma anche di giovani ed anziani, di candidati nati al nord, al sud e al centro d'Italia, di invalidi, laureati e così via. Una bella confusione, ma si sa quando si aprono le porte poi entrano tutti. L'importante è rompere il tabù, la tradizione, gli stereotipi, il popolo si accoderà alle novità senza rendersene conto ma per la forza dell'imitazione e della suggestione (vedasi Gustave le Bon) quindi senza una partecipazione ragionata, anzi spesse volte inneggiando a proposte o soluzioni (apparentemente gratificanti) ma peggiorative della situazione, come nel caso delle quote rosa o di genere.
Non sarebbe meglio candidare, a prescindere dal sesso, le persone più intelligenti, serie ed oneste?
Purtroppo l'opinione pubblica si comporta, se non istruita a valutare gli avvenimenti, le idee e le persone, come citato nel seguente paradosso di Pitigrilli (Dizionario antibballistico, editrice Sonsogno Milano 1953).
Non sarebbe meglio candidare, a prescindere dal sesso, le persone più intelligenti, serie ed oneste?
Purtroppo l'opinione pubblica si comporta, se non istruita a valutare gli avvenimenti, le idee e le persone, come citato nel seguente paradosso di Pitigrilli (Dizionario antibballistico, editrice Sonsogno Milano 1953).