martedì 11 gennaio 2011

Di paradosso in paradosso

Nel 2010 il fisco ha incassato, secondo i dati ufficiali ministeriali, circa ventimila miliardi di euro dalla lotta all'evasione, così come programmato all'inizio dell'anno. Una bella cifra, ma come è stata realizzata? Non avendo gli indirizzi e i nominativi degli evasori, altrimenti non sarebbero tali, le guardie di finanza non hanno fatto altro che andare nelle grandi aziende, che pagano normalmente la loro fetta di tasse, proponendo un condono tombale straordinario del 10% in alternativa ad accurate ispezioni. Quasi tutti gli industriali hanno aderito al condono per evitare fastidiosi e prolungati controlli che, anche nei casi di una specchiata gestione, avrebbero portano intralci all'azienda e sempre possibili cartelle esattoriali, magari con motivazioni assurde. Contrastare il fisco (così come qualsiasi istituzione) non riesce facile neppure agli imprenditori: occorrono avvocati, commercialisti, tempi di attesa, ricorsi in tribunale e, una volta vinta la causa, attendere anni per riavere la somma dovuta, in quanto prelevata ingiustamente. Di fronte a una tale situazione i grandi industriali hanno pagato ma non possiamo dire che sia stato il frutto della lotta all'evasione, è stata forse un'estorsione. Anche per il  2011 è stata posta nel bilancio preventivo dello Stato un'entrata di ventimila miliardi di euro quale ricavato dalla lotta all'evasione. Solo che questa volta la Finanza non potrà tornare dai grandi industriali che già hanno pagato il pizzo lo scorso anno, quindi si dirigerà verso le medie e piccole aziende che già hanno problemi di liquidità e di crisi. E' facile prevedere la chiusura di aziende manifatturiere e licenziamenti di massa. Un paradosso o un'errata politica fiscale?

Il 3 gennaio, con singolare concidenza, i quotidiani La Stampa e Il Corriere della Sera hanno invitato il Partito Democratico a soprassedere alle primarie per la nomina dei leader di partito. I due quotidiani, come è a tutti noto, fanno capo ad una conventicola di grandi industriali che guardano con simpatia Pier Ferdinando Casini e la crescita del Terzo Polo, magari con l'ingresso di Luca di Montezemolo. I rapporti dei vertici della Fiat, della Confindustria e di molti industriali, con Silvio Berlusconi sono cordiali solo in apparenza. Una forza politica che possa condizionare il presidente del Consiglio dei Ministri può nascere solo con la crescita del Terzo Polo in quanto l'opposizione di sinistra ha i suoi travagli interni e la spallata di Gianfranco Fini ha consolidato la leadership di Casini. Sinora le primarie del Pd hanno sancito le vittorie dei candidati più a sinistra e di coloro che chiedono la rottamazione della vecchia dirigenza comunista (che ha alimentato sogni impossibili di cambiamento), proseguendo di questo passo nel partito si formerebbe un blocco di neocomunisti in grado di frantumare l'avvicinamento di Massimo D'Alema e soci verso l'area laico-cattolica del Terzo Polo, con prestiti di parlamentari e voti (il patto di desistenza) pur di contrastare una nuova vittoria elettorale di Berlusconi. Il paradosso è: con l'attuale dirigenza il Pd è debole e ripiegato sul Terzo Polo (una specie di riedizione del centro-sinistra dei governi democristiani), con la vittoria di Niki Vendola e compagni il Pd tornerebbe ad essere un aggregato minoritario di forze di sinistra, sindacaliste, ecologiste e comuniste eternamente all'opposizione. Per gli industriali, per scalzare Berlusconi,  è meglio l'attuale dirigenza Pd (morbida) che una nuova dirigenza barricandiera.

Un piccolo gruppo di pastori sardi, sbarcati a Civitavecchia, sono stati malmenati dalla polizia di stato e costretti a risalire a bordo della nave in partenza per la Sardegna. Volevano semplicemente venire a Roma per far presente al governo e ai parlamentari le condizioni di crisi della zootecnia sarda. Dopo le manifestazioni di inciviltà degli studenti che hanno devastato il centro di Roma, per protestare contro la riforma universitaria, il comportamento dei tutori dell'ordine nei confronti dello sparuto gruppo di pacifici pastori ha destato qualche perplessità, per l'evidente disparità di trattamento. Perchè non è stato loro permesso di raggiungere Roma? Non certo perchè i pastori puzzano e gli studenti no. I quotidiani sardi e la rassegna stampa di Radioradicale del 5 scorso ci hanno fornito gli elementi per qualche illazione: in Sardegna esiste il più grande poligono militare d'Europa (centinaia di km), gestito dalle forze armate italiane e straniere e a disposizione anche delle multinazionali per esperimenti "segretati". Lo Stato ne ricava un discreto contributo monetario per l'affitto dell'area ma, da qualche anno a questa parte, nella zona aumentano tra i pastori i decessi per tumore e gravi malformazioni genetiche tra pecore e capre. Il nesso è evidente: i pastori sono stati malmenati e costretti a ripartire per evitare che la stampa ed i politici raccogliessero dalla diretta voce degli isolani il grave stato di pericolosità sanitaria di una zona pari ad un terzo dell'intera Sardegna.