Lunedì scorso nel dibattito della trasmissione Omnibus de La7tv è stato messo in luce come siano i funzionari ministeriali a suggerire l'articolazione delle leggi e dei regolamenti d'applicazione che, in parte, gli stessi dipendenti pubblici sono poi demandati ad applicare. Una legge da loro legiferata, quasi sempre con cavilli burocratici (che il politico approva senza batter ciglio, per insipienza o collusione). Cavilli apparentemente innocenti ma che mascherano l'illegalità e il diffuso malaffare, come quello che è emerso nelle vicende romane. Per esempio:
- quando un colluso non vince un appalto ricorre al Tar (tribunale amministrativo regionale) bloccando i lavori per anni e anni
- la legge prevede che in caso di evasione fiscale comprovata la sanzione penale scatti solo in presenza di una soglia consistente
- in caso di riciclaggio di denaro non si procede, a norma di legge, se la somma è spesa per "godimento" (testuale) personale: acquisto auto, gioielli, abitazione, ecc.
- per assegnare o mettere all'asta i beni confiscati ai mafiosi la procedura è così complicata che nel frattempo si deteriorano sino al degrado, annullando il valore del bene
- un dipendente che ha rubato non può essere licenziato sino alla sentenza definitiva (Cassazione, quindi decenni)
- qualsiasi provvedimento amministrativo, per entrare in vigore, ha il visto e la firma di più funzionari (anche sette) che si palleggiano la responsabilità autoassolvendosi.
E', quindi, normale che in presenza di tali prassi prosperi la criminalità: è favorita dalle norme di legge e da chi dovrebbe vigilare.