Matteo Renzi, il nuovo astro della politica italiana, crede di essere arrivato al top grazie alle sue battute al peperoncino, alla facilità di comunicazione e di saper cogliere gli umori dell'opinione pubblica; in parte è vero, senza qualità non si ottiene il consenso: se così non fosse qualsiasi maggiordomo o donna belloccia sarebbero in grado di varcare il dorato portone di palazzo madama a Montecitorio.
Ma non è così, l'opinione pubblica opta per questo o quel candidato o ideologia in base al numero e alla qualità di impulsi che riceve attraverso due percorsi: uno è quello di trovarsi di fronte a scenari terrificanti che coinvolgono almeno due dei tre bisogni fondamentali (sopravvivenza, aggregazione e conoscenza), l'altro ad una lenta maturazione/assimilazione di eventi ed informazioni (spesso pilotate ad arte dai massmedia).
Nell'uno come nell'altro caso il passaggio verso il nuovo avviene gradualmente, all'inizio molto lentamente per esplodere alla fine quasi per caso in presenza di un evento del tutto trascurabile, se non fosse invece il risultato di una somma di "sofferenze". Il peso di tante sofferenze (anche ideologiche) di un individuo che vede intorno a se una moltitudine sempre maggiore di altri individui in cerca del cambiamento o di un uomo/partito salvatore.
Così avvenne l'ascesa politica dello sconosciuto Silvio Berlusconi che seppe volgere a suo favore i livori dell'opinione pubblica nei riguardi di tangentopoli, dichiarandosi un perseguitato per drenare la solidarietà dei simili e la rabbia del popolo nei confronti di un sistema giudicato superato. La capacità di persuasione di Mediaset ha fatto il resto.
L'attuale successo di Renzi, così come il precedente di Beppe Grillo, oltre all'obiettiva situazione del Paese hanno un padre, anzi due: gli autori de La CASTA che dal 2007 hanno aperto una breccia nell'opinione pubblica e nei giornalisti cartacei e televisivi che sono morbosamente diventati divulgatori e critici di eventi di malaffare politico e di ansia per il nuovo.