mercoledì 25 maggio 2011

Imitazione e immaginazione



Come abbiamo altre volte detto, il bambino crescendo impara osservando ciò che lo circonda, attraverso la vista e l'udito. Anche da adulti rapportiamo il nostro comportamento in base agli stereotipi. Ci adeguiamo, spesso inconsapevolmente, alle indicazioni provenienti dalla cosidetta opinione pubblica. Da un'adesione al senso generale delle cose (così come sono raccontate) passiamo alla predilizione di personaggi di riferimento  considerati capi carismatici di gruppi, teorie, situazioni, ecc., in grado di indicare modelli di pensiero e comportamento. La società (vedasi  Il contratto sociale  di  Jean-Jacques Rousseau) agevola l'adeguamento ai modelli attraverso regole, premi e sanzioni. Chi osa sfidare la società normalmente è un perdente in quanto la società è un raggruppamento di esseri umani che condividono sensazioni, bisogni e valori: mettere in dubbio o in crisi tale condivisione sgretola il gruppo che invece vuole stabilità. Lo sfidante che riuscisse a formare un suo gruppo o superare le regole tradizionali passerebbe nella categoria degli eroi, dei profeti, dei capi (Cristo, Spartacus, Garibaldi, Pasolini, ecc.) ma sempre offrendo visioni gradite e percepite come reali da una buona parte dell'opinione pubblica (risarcimento nell'altra vita, liberazione dalla schiavitù, unità d'Italia, modifica dei valori correnti, ecc.).
La società trae alimento dalla percezione di quello che definisce come realtà (i fatti, le cose e le persone) di ogni giorno (il momentum). Una realtà vista, udita, letta o raccontata da altri e, anche quando percepita personalmente, adeguata alle proprie conoscenze, competenze, credenze; per cui l'oggetto in questione è spesso inconsapevolmente travisato o adattato a quanto già creduto. La mente immagazzina milioni di informazioni che si scambiano e si confrontano tra loro, anche a nostra insaputa; a volte capita di ritenere per vera una cosa che non lo è, oppure di percepire una frase o un concetto giungendo alla conclusione della frase prima che questa sia terminata, oppure interpretare malamente un fatto o discorso spesso mossi da incosce paure o speranze (vedasi Luigi Perissinotto negli atti Scienza, società ed opinione pubblica del 2001 e Ugo Ferrero in Emotional Assets in atti Leggere la qualità delle comunicazioni, 2004).
La predisposizione ad alterare la realtà (quasi sempre a noi sconosciuta) ci porta a vivere nell'immaginazione di quanto pensiamo vero, cioè su quanto percepiamo attraverso i sensi e - soprattutto per effetto del'imitazione collettiva - riteniamo di poter classificare ed accettare in base ai canoni della società. Se, nel corso di una riunione, uno o due persone gridano la percezione di un evento una parte degli astanti riterrà il fatto come avvenuto o da essi stessi percepito. Diceva lo scrittore Pitigrilli: se in una camerata di seminaristi, la sera prima di coricarsi,  29 si inginocchiano e pregano e uno solo va direttamente a letto, il fatto fa scalpore; ma se in una camerata di reclute 29 si infilano subito a letto e solo uno prima si inginocchia e prega, dove è la differenza? Demodoxalogicamente possiamo dire che è solo una questione di apparenza: il modo di giudicare la realtà di un fatto attraverso la propria percezione di vita vissuta.
Se dite a mezzabocca a uno studente o collega d'ufficio o amico: bada! (non specificando il motivo), il giovane andrà col pensiero ad una probabile punizione, il collega ad una lamentela del capo-ufficio e l'amico alla tresca venuta a conoscenza dalla moglie. Se vi ripetono moltissime volte una storiella, alla fine la riterrete vissuta da voi stessi e la racconterete come se ne foste stati protagonisti: l'intelligenza del cane dello zio, le capacità taumaturgiche di una certa persona, i fatti miracolosi del santone di turno, la convinzione della colpevolezza di un inquisito, e così via. Più gente crede in qualcosa come vera e maggiore è l'opera di proselitismo nel diffonderla, creando così la cosiddetta opinione pubblica. Un'opinione che si diffonde come per contagio ingigantendosi sempre più, specie se avvalorata da personaggi mitici o di nostra fiducia.
L'opinione, come diceva Jacques Bénigne Bousset, è un grado intermedio tra il dubbio e la certezza; qualcosa di ritenuto vero in quanto avvalorato dall'ambiente e dalle persone che ci circondano. Un'opinione che si sviluppa e consolida in base alla suggestione (imitando gli altri, vedasi Gustave le Bon in Psicologia delle folle) e all'immaginazione di quanto percepito e considerato reale.