Sulla fine degli anni '80 dello scorso secolo in seno alla sinistra ci fu una riflessione sull'andamento delle spese per la sanità ove la previsione dava per certo un deficit che sarebbe divenuto galoppante. La conclusione fu che i piccoli ospedali o quelli troppo contigui andassero chiusi o accorpati con strutture di maggiori dimensioni. Il ragionamento partiva dal fatto che una buona quota delle spese se ne andava per l'amministrazione: stipendi del personale e acquisti non comparabili da struttura a struttura, pertanto era la voce che poteva essere limata.
L'amministrazione, da non confondere con il personale sanitario, consisteva in consigli d'amministrazione, presidenze, personale di segreteria, macchinari e uffici; che ragione c'era di avere, per esempio, due consigli d'amministrazione per due strutture ospedaliere distanti pochi chilometri l'una dall'altra? La questione non riguardava le grandi città ma quella moltitudine di ospedali di provincia sorti più per prestigio politico e comunale che per l'effettiva vicinanza alla popolazione. Mentre nella grande città è normale che un paziente vada in un ospedale ubicato in una zona molto distante dal suo quartiere, nei piccoli comuni, con 30-40 mila abitanti, lo spostamento creava disagi non percepiti dagli abitanti della grande città.
Appena il dibattito sulla chiusura (in verità accorpamento) degli ospedali minori varcò il ristretto mondo degli studiosi l'opinione pubblica si mobilitò (o meglio fu mobilitata) a difesa della situazione e dell'intoccabilità della sanità. Del risanamento non se ne parlò più anche perché i dirigenti dei partiti (tutti) locali e nazionali fecero osservare che i consigli d'amministrazione delle allora Usl (ora Asl, unica riforma fatta: il cambiamento del nome) e degli ospedali erano l'uso clientelare delle risorse disponibili per sistemare i dirigenti di partito che sul territorio mantenevano in piedi le sezioni e procuravano voti e iscritti.
Risparmiare sulla sanità, semplicemente semplificando la gestione, avrebbe rimesso in discussione delle posizioni storiche di potere.
Dopo oltre venticinque anni molte cose sono cambiate: anche nei piccoli paesi si sono abituati ad andare all'ospedale del paese vicino e l'opinione pubblica sulla politica, come dimostrano i recenti sondaggi, è in fase di evoluzione e non accetta più lo spreco delle risorse per un uso politico, ove, oltretutto, i nominati non avevano allora e non hanno oggi alcuna competenza ne professionalità in materia sanitaria o amministrativa, aggiungendo male al male come ampiamente dimostrato dalle cronache.
L'amministrazione, da non confondere con il personale sanitario, consisteva in consigli d'amministrazione, presidenze, personale di segreteria, macchinari e uffici; che ragione c'era di avere, per esempio, due consigli d'amministrazione per due strutture ospedaliere distanti pochi chilometri l'una dall'altra? La questione non riguardava le grandi città ma quella moltitudine di ospedali di provincia sorti più per prestigio politico e comunale che per l'effettiva vicinanza alla popolazione. Mentre nella grande città è normale che un paziente vada in un ospedale ubicato in una zona molto distante dal suo quartiere, nei piccoli comuni, con 30-40 mila abitanti, lo spostamento creava disagi non percepiti dagli abitanti della grande città.
Appena il dibattito sulla chiusura (in verità accorpamento) degli ospedali minori varcò il ristretto mondo degli studiosi l'opinione pubblica si mobilitò (o meglio fu mobilitata) a difesa della situazione e dell'intoccabilità della sanità. Del risanamento non se ne parlò più anche perché i dirigenti dei partiti (tutti) locali e nazionali fecero osservare che i consigli d'amministrazione delle allora Usl (ora Asl, unica riforma fatta: il cambiamento del nome) e degli ospedali erano l'uso clientelare delle risorse disponibili per sistemare i dirigenti di partito che sul territorio mantenevano in piedi le sezioni e procuravano voti e iscritti.
Risparmiare sulla sanità, semplicemente semplificando la gestione, avrebbe rimesso in discussione delle posizioni storiche di potere.
Dopo oltre venticinque anni molte cose sono cambiate: anche nei piccoli paesi si sono abituati ad andare all'ospedale del paese vicino e l'opinione pubblica sulla politica, come dimostrano i recenti sondaggi, è in fase di evoluzione e non accetta più lo spreco delle risorse per un uso politico, ove, oltretutto, i nominati non avevano allora e non hanno oggi alcuna competenza ne professionalità in materia sanitaria o amministrativa, aggiungendo male al male come ampiamente dimostrato dalle cronache.