domenica 22 aprile 2012

La nuova politica

Il politologo Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera ha sostenuto, ha proposito della Lega, che i partiti tradizionali sono superati in quanto non sono più portatori di valori che potevano accumunare nord e sud, ricchi e ceto proletario, ma ormai solo espressione di interessi economici o sociali diversi a seconda delle località geografiche (nord-est industrializzato e Calabria sottosviluppata, ecc.) e delle condizioni di vita (operai e professionisti, ecc.). Pertanto i partiti sono in una fase di mutamento che li rende più consoni con i movimenti (che si creano e si sciolgono a seconda degli scopi da raggiungere); mentre nel dopoguerra i due maggiori partiti (Pci e Dc) potevano unire tutte le categorie e espressioni territoriali riconducendo i votanti a valori fondanti che travalicavano il partito (comunismo/cristianesimo). 
Nel terzo capitolo della Inchiesta demodoxalogica sul post-industriale (1996) avevamo sostenuto:
"[...] Dato che la società è articolata in gruppi sociali e istituzioni interconnessi tra loro e guidati da leaders, assume rilevante importanza la funzione della leaderschip come guida al cambiamento [NdR: vedasi  l'indicazione sulla scheda elettorale], in ogni settore: dall'economia alla politica, dalla cultura ai rapporti sociali. Per cambiare occorre avere la sensazione di quanto sta avvenendo e modificare, di conseguenza, le strutture presenti nella società. Oltre ad un fatto di cultura è un problema che investe la classe dirigente e il distacco generazionale [...]  I conflitti del futuro potrebbero essere economici, per la supremazia del mercato come ai tempi delle flotte inglesi e spagnole, o razziali per respingere l'infiltrazione nei paesi del benessere di popolazioni affamate provenienti dal Terzo mondo. Ed anche questa è un'esperienza storicamente già vissuta. Occorrerà governare il cambiamento sfruttando le potenzialità della tecnologia in maniera tale da costruire un nuovo equilibrio prima dell'insorgere del conflitto. Altrimenti sarebbe un disastro poichè, essendo il mondo interelato, il conflitto assumerebbe dimensioni planetarie. [...] L'avvento del post-industriale potrebbe caratterizzarsi per una profonda mutazione delle istituzioni, come avvenuto con la Rivoluzione francese e, ancor prima, con il conferimento del potere in base a motivazioni esterne alla natura dell'uomo. Infatti il potere decisionale o di giustizia fu prima affidato al patriarca, poi al re e infine all'istituzione repubblicana e allo stato moderno. L'umanità ha sempre delegato agli altri la disciplina dei rapporti sociali e la conoscenza di quanto non vissuto: alla politica la gestione della società, alla religione i rapporti con la metafisica e agli scienziati ed intellettuali la creatività. Da una parte ha delegato tutto ciò che ha attinenza con la collettività ed i valori (quindi che è esterno all'uomo), dall'altra ha moltiplicato gli sforzi e le iniziative personali per soddisfare i bisogni. Le istituzioni, e le relative modifiche, sono la conseguenza di ideologie divenute dominanti, che a loro volta traggono sostentamento da un diverso modo di lavorare e di avere rapporti. [...] un futuro di cultura che, finalmente, arricchirà l'uomo facendo decadere la sua dipendenza dalla religione e dalla politica, che gli hanno espropriato la conoscenza diretta e personale dei problemi sociali e ultraterreni. Le idee stimoleranno l'umanità a gestirsi in proprio la vita e i rapporti con gli altri e il non conosciuto. [...] Nel post-industriale l'individuo se la dovrà cavare da solo altrimenti non sopravviverà. Per questo motivo abolirà qualsiasi tipo di mediazione collettiva per passare a forme di mini-associazionismo (di produttori, di utenti, culturale o ricreativo, ecc.) come prima tappa di una riforma dello Stato e dei poteri decisionale, perchè la possibilità di comunicare immediatamente e direttamente rende inutile, e a volta dannosa, l'intermediazione degli altri o delle istituzioni. Ed anche perchè prenderà sempre più coscienza che la delega ha portato l'umanità sull'orlo di catastrofi nucleari o ecologiche. La svolta consisterà in una apparente anarchia derivata dalla multiformità di direzioni e decisioni, per cui la gente considererà se stessa non come facente parte di un gruppo omogeneo ma, ha detto Alvin Toffler, "come individui differenziati, ciascuno con i propri bisogni e desideri". [...]"

Lunedì: Emanuela Orlandi