In queste ultime settimane il popolo italiano ha dato due risposte di maturità politica-culturale che non da tutti sono state correttamente interpretate come tali. Ci riferiamo all'alto tasso di assenteismo ai ballottaggi elettorali per i sindaci e alla spontanea risposta della piazza, in molte città d'Italia, alla bomba esplosa davanti alla scuola di Brindisi.
Premesso che la situazione non è omogenea in tutto lo stivale ma, come si dice, a macchia di leopardo, solo il 51% degli aventi diritto al voto ha scelto il sindaco e la formazione politica di suo gradimento con un tasso di astensione del 49%. Il che vuol dire che un italiano su due non si è recato alle urne per scegliere il suo sindaco. Se il fatto ha un significato questo non può essere altro che la manifestazione di dissenso e disistima non verso questo o quel politico ma nei confronti della Politica, quella con la P maiuscola. Dopo i fatti di malaffare amplificati dai mass media, dopo le promesse non realizzate, dopo le inutili risse in parlamento e nei dibattiti, dopo le riforme non varate, il popolo ha capito che la verità non è nelle mani dei politici e dei loro leader; e neppure la capacità di saper rinnovare il Paese in quanto non sanno rinnovare neppure se stessi.
L'astensione ha significato la volontà di un cambiamento radicale: della legge elettorale, del finanziamento ai partiti, della riduzione dei parlamentari, della modifica del Senato e dell'assetto regionale e ministeriale; il ripristino della legalità e una revisione nella scelta dei manager destinati ad occupare le poltrone degli enti pubblici statali e comunali, e così via. Essendo entrati nell'era della globalizzazione e dei conseguenti riflessi che la tecnologia e la finanza avranno sui popoli, non possiamo affrontare i problemi ed il futuro con le attrezzature che risalgono alla Rivoluzione francese. Questo gli elettori lo hanno capito e i segnali che, nel tempo, hanno dato sono evidenti: occorrono facce nuove in grado di capire la complessità del periodo che stiamo attraversando. Ecco allora un Matteo Renzi a Firenze, un Federico Pizzarotti a Parma, un Marco Doria a Genova: personaggi fuori o contrastati dai vertici che dettano le regole nei partiti. Così come a Verona, Milano, Napoli, Palermo, Pavia e Lecce hanno scelto un usato che di sicuro aveva dato prove di capacità (magari professionale) o, soprattutto, di essere defilato rispetto alle indicazioni del partito di provenienza.
Come possono, personaggi con scorta, auto, autista e segretari, capire la quotidianità dei cittadini, se non si recano neppure alla posta o a comprare le sigarette in quanto c'è chi svolge questo servizio per loro? Se non sentono sulle loro spalle e portafogli il peso dei problemi famigliari quotidiani come possono immaginare un futuro diverso? In altri tempi in Occidente i cambiamenti avvenivano con moti di piazza e insurrezioni, oggi la maturità culturale passa attraverso i segnali elettorali e le convocazioni spontanee.
L'altro segnale è quello dimostrato dai cittadini scesi in piazza per esecrare "il terrorismo" (non importa se di mafia, di brigatisti o di apparati deviati dello Stato) mentre l'ufficialità dei comunicati propendeva per la pista del "singolo pazzo". Il popolo ha dimostrato di essere maturo politicamente e culturalmente rigettando le versioni politiche alla camomilla che suggerivano un episodio isolato e, quindi, trascurabile come pericolosità.
Premesso che la situazione non è omogenea in tutto lo stivale ma, come si dice, a macchia di leopardo, solo il 51% degli aventi diritto al voto ha scelto il sindaco e la formazione politica di suo gradimento con un tasso di astensione del 49%. Il che vuol dire che un italiano su due non si è recato alle urne per scegliere il suo sindaco. Se il fatto ha un significato questo non può essere altro che la manifestazione di dissenso e disistima non verso questo o quel politico ma nei confronti della Politica, quella con la P maiuscola. Dopo i fatti di malaffare amplificati dai mass media, dopo le promesse non realizzate, dopo le inutili risse in parlamento e nei dibattiti, dopo le riforme non varate, il popolo ha capito che la verità non è nelle mani dei politici e dei loro leader; e neppure la capacità di saper rinnovare il Paese in quanto non sanno rinnovare neppure se stessi.
L'astensione ha significato la volontà di un cambiamento radicale: della legge elettorale, del finanziamento ai partiti, della riduzione dei parlamentari, della modifica del Senato e dell'assetto regionale e ministeriale; il ripristino della legalità e una revisione nella scelta dei manager destinati ad occupare le poltrone degli enti pubblici statali e comunali, e così via. Essendo entrati nell'era della globalizzazione e dei conseguenti riflessi che la tecnologia e la finanza avranno sui popoli, non possiamo affrontare i problemi ed il futuro con le attrezzature che risalgono alla Rivoluzione francese. Questo gli elettori lo hanno capito e i segnali che, nel tempo, hanno dato sono evidenti: occorrono facce nuove in grado di capire la complessità del periodo che stiamo attraversando. Ecco allora un Matteo Renzi a Firenze, un Federico Pizzarotti a Parma, un Marco Doria a Genova: personaggi fuori o contrastati dai vertici che dettano le regole nei partiti. Così come a Verona, Milano, Napoli, Palermo, Pavia e Lecce hanno scelto un usato che di sicuro aveva dato prove di capacità (magari professionale) o, soprattutto, di essere defilato rispetto alle indicazioni del partito di provenienza.
Come possono, personaggi con scorta, auto, autista e segretari, capire la quotidianità dei cittadini, se non si recano neppure alla posta o a comprare le sigarette in quanto c'è chi svolge questo servizio per loro? Se non sentono sulle loro spalle e portafogli il peso dei problemi famigliari quotidiani come possono immaginare un futuro diverso? In altri tempi in Occidente i cambiamenti avvenivano con moti di piazza e insurrezioni, oggi la maturità culturale passa attraverso i segnali elettorali e le convocazioni spontanee.
L'altro segnale è quello dimostrato dai cittadini scesi in piazza per esecrare "il terrorismo" (non importa se di mafia, di brigatisti o di apparati deviati dello Stato) mentre l'ufficialità dei comunicati propendeva per la pista del "singolo pazzo". Il popolo ha dimostrato di essere maturo politicamente e culturalmente rigettando le versioni politiche alla camomilla che suggerivano un episodio isolato e, quindi, trascurabile come pericolosità.