venerdì 29 giugno 2012

Il re nudo

L'educazione scolastica del '900 ha fatto un grande uso degli apòloghi: racconti fantastici a scopo pedagogico attraverso l'esagerazione di un elemento per far capire agli alunni la differenza tra il bello e il brutto, il buono e il cattivo, la burla e la serietà, il vero ed il falso (secondo la cultura in uso), e così via. Possiamo spiegarlo anche in un'altro modo: ad una bambina fu raccontata tante volte l'edificante storia di santa Maria Goretti che capì da sola il significato di verginità.
Tra i vari apologhi c'era quello del re nudo: un regnante vanitoso che, desiderando l'abito più sfarzoso del mondo, fu accontettato da un sarto furbacchione che finse di confezionarlo; l'abito era talmente bello quanto invisibile agli occhi del re e del popolo che si guardò bene dal contraddire il sovrano. Dopo tanti falsi elogi della popolazione alla bellezza dell'abito un bambino (il candore dell'innocenza) esclamo: ma il re è nudo! Un potente che credeva di essere riverito ed esaltato per la sfarzosità del suo abito ma che non era altro che un poveruomo ed un popolo sempre pronto ad inchinarsi al potente di turno. 
Così è ancora oggi! Politici, professori e professionisti di chiara fama sono posti al di sopra della loro professionalità solo in virtù del posto ricoperto e della risonanza sui mass-media. Tolti da quel posto e dai relativi privilegi (auto, scorta, segreteria, ecc.) non sarebbero altro che dei "Cetto Laqualunque" (di Antonio Albanese) che dicono di saper fare ma che in effetti ne sanno poco più di un qualsiasi modesto cittadino. Questo perchè, come diceva Marshall McLuhan, è lo strumento che crea l'importanza: il posto ricoperto non le idee o il valore personale: l'apparenza creata dai mezzi d'informazione e ripetuta dal popolo senza controllarne l'effettiva realtà. Un popolo che si suggestiona vicendevolmente e aderisce senza spirito critico a formare quella che viene chiamata opinione pubblica (per dare ad intendere che la maggioranza la pensa così) ma che in effetti è l'opinione trasmessa dagli strumenti del comunicare (cioè dai loro proprietari o gestori).