mercoledì 16 ottobre 2013

Lampedusa

"Vergogna" è il termine appropriato che gli isolani di Lampedusa hanno gridato alle autorità in visita all'avanposto dell'Europa. Come tutti hanno potuto vedere in tv le visite nostrane ed estere di ministri e politici non sono state altro che un codazzo di giornalisti, cineoperatori, funzionari ministeriali e portaborse al seguito delle cosiddette autorità, con la faccia adattata alla circostanza. Un proclamare di "diremo", "faremo" e così via ma nulla di concreto, anzi l'unico cosa concreta l'apparizione in tv con le rituali frasi.
Eppure il problema non è nuovo: il numero dei morti in mare e dei migranti sbarcati è enorme e da anni agli occhi di tutti. E' mancata la volontà, o sensibilità, di affrontare veramente il tema dell'immigrazione. Che finalmente ora qualcosa si muova? Le migrazioni sono un fenomeno vecchio come il mondo, l'alternativa è "il furto, la lotta o la guerra" (Lineamenti di sociologia dell'emigrazione, editore istituto bibliografico Napoleone Roma gennaio 1987) pertanto qualsiasi forma di contenimento forzato non potrà essere altro che un provvedimento temporaneo destinato a rinviare le soluzioni. Il problema è anzitutto culturale e va inquadrato come risposta ai nuovi bisogni, nel quadro del rapporto territorio-popolazione-risorse, agendo sul "parametro delle risorse [...] per portare ad una dimensione più vasta e paritaria [...] la risposta ai crescenti bisogni vecchi e nuovi, onde evitare eventuali futuri, dolorosi, conflitti" (Vecchie e nuove povertà nell'area del Mediterraneo, edizione società Umanitaria Milano 1999).
L'Italia spende intorno al miliardo e mezzo di euro l'anno per partecipare alle missioni di pace nei vari paesi del mondo, non sarebbe più giusto e conveniente dirottare le forze militari dall'estero alle nostre zone di sbarco degli emigranti per una vera missione umanitaria: dal salvataggio in mare all'assistenza, usufruendo della logistica e delle attrezzature (tende, mense, alloggiamenti, pronto soccorso, ecc.) dell'esercito? Avamposti fissi di presidi militari coordinati e pronti al minimo segnale. Invece no, conviene andare all'estero poiché oltre all'ingaggio gli ufficiali fanno carriera in quanto la missione di pace è considerata (anche ai fini pensionistici oltre che di carriera) presenza in zone belligeranti.