L'attacco al settimanale satirico Charlie ci conferma che le guerre del futuro non saranno più come quello sinora conosciute. La dichiarazione di guerra non sarà portata dall'ambasciatore del paese attaccante al nemico, magari cinque minuti dopo l'avvenuta invasione (vedi il Giappone nella 2^ guerra mondiale), ma si avranno una serie di attacchi improvvisi come quelli al giornale parigino o ai tedeschi in via Rasella a Roma nell'ultima guerra mondiale; cioè o guerre partigiane o improvvise incursioni colpisci e fuggi tipo quelle dei marines americani. La diplomazia o lo scontro cavalleresco dell'800 fanno parte del passato, oggi siamo nell'era tecnologica, degli attacchi con i robot non rivendicati da nessuno e per questo attribuibili non solo a paesi ma anche a multinazionali, chiese o etnie.
Altra considerazione: quando i combattenti sono motivati o indottrinati da valori (religiosi o nazionalisti o sociali) la guerra è più violenta perché ci si immola per un ideale (rivoluzione, kamikaze, attentati).
La risposta della società tenderà a ridurre i margini di libertà dei cittadini controllando, con ogni mezzo (censura, oscuramento, intercettazioni, polizia violenta, regime politico autoritario), l'informazione e la vita del singolo.
In prospettiva si tende a giungere a due civiltà di riferimento, una occidentale e l'altra orientale (vedasi Lineamenti di sociologia dell'emigrazione); i musulmani sono in mezzo travagliati da secoli di arretratezza culturale e da una scelta difficile su quale versante schierarsi.