Lo scorso 16 dicembre nel riportare l'intervento svolto al convegno dell'Associazione nazionale sociologi sostenemmo che per essere al passo con la socializzazione inculcata dalla tv, insieme a ciò che è desiderabile, tendiamo ad eludere dalle norme divenendo, di conseguenza, "tolleranti con se stessi e gli altri [..] giungendo alla richiesta dell'aggiornamento dei codici". Il discusso comma del 3% inserito dal governo in un decreto attuativo che favorirebbe gli evasori ne è la conferma. Trattasi dell'abolizione del reato penale (e quindi del carcere) agli evasori che frodano il fisco per un importo non superiore al 3% di quanto sottratto allo stato, mutandolo in una semplice sanzione amministrativa.
Il codicillo è stato presentato all'opinione pubblica come una norma per favorire il decongestionamento degli uffici giudiziari e, nel contempo, fare cassa. Risultato: chi dovrebbe versare sulla base di un imponibile (fatturato) di un miliardo di euro potrà evadere sino a 90 milioni di euro sicuro di non andare in carcere (se lo scopriranno). Il rischio della sanzione amministrativa (se scoperto) vale il gioco: 90 milioni non sono bruscolini. La norma, come al solito, favorisce i grandi evasori, vedi Silvio Berlusconi condannato proprio per evasione fiscale.
E' uno stimolo a farla franca: tra inefficienza della tributaria, qualche bustarella e prescrizioni varie qual è quell'affarista che non è tentato a risparmiare il 3% del dovuto sicuro di non andare nelle patrie galere? Il cittadino o il piccolo commerciante non hanno un introito da un miliardo e neppure di un milione, su 100 mila euro di imponibile annuo (versamento accertato) ne risparmierebbero tremila, che andrebbero al commercialista. Senza alcun vantaggio per loro.