Lo spread ha ricominciato a salire e la borsa a calare, siamo appena all'inizio; il tracollo dei nostri mercati ci accompagnerà nel corso di tutta la campagna elettorale come se fosse un partito competitore invisibile. Il vero partito che vincerà le elezioni lasciandoci decine di milioni di aggravi di tasse da pagare per onorare gli interessi aggiuntivi a quelli programmati nel bilancio statale, causati dall'inpennata dello spread e della borsa, a loro volta conseguenti alle annunciate dimissioni di Mario Monti che hanno fatto seguito all'annunciato passaggio del Pdl all'opposizione. Tra due mesi, dopo le elezioni, ci ritroveremo peggio di ora e qualsiasi governo sarà costretto a varare un piano severissimo di austerità. Cui prodest?
Tutte le varie espressioni politiche che si richiamano al centrismo, moderatismo, centro-destra, di vecchia e nuova formazione, non riusciranno a presentare in tutti i collegi elettorali delle loro liste e difficilmente avranno il tempo sufficiente per coagularsi intorno ad una coalizione, a meno che non abbia come leader l'autorizzazione di Monti. Se riuscissero ad unirsi avrebbero una base di partenza del 15% dell'elettorato destinato ad ampliarsi a spese di Silvio Berlusconi che, con il Pdl, oggi supera di poco il 10%.
Il cambiamento di rotta del Pdl ha riproposto la contrapposizione tra chi è a favore del cavaliere e chi è contro, favorendo il Pd di Pier Luigi Bersani che recupererà qualche voto di sinistra che si era allontanato e il team di Matteo Renzi, la quota del 30% non è più un'ipotesi.
Diminuirà l'astensione convogliando verso Beppe Grillo il voto di protesta verso la classe politica anche degli elettori che erano orientati verso la diserzione dalle urne: dalla disaffezione alla rabbia!
Ad urne chiuse avremo teoricamente, salvo novità improbabili in corso d'opera, un parlamento spaccato al 50% tra un'asse Pd-centristi montiani e un'opposizione di Lega-Pdl-grillini. Per tamponare i mercati anche l'opposizione a Monti-Bersani-Casini preferirà dirottare Monti al Colle pur di non averlo a palazzo Chigi ove Bersani dovrà negoziare, di volta in volta, i provvedimenti di legge. Una situazione politica incerta e appesa ad un filo ove solo la presenza di Monti al Quirinale potrà fungere da garanzia verso i paesi esteri, la Bce, i mercati e la finanza internazionale.
Tutte le varie espressioni politiche che si richiamano al centrismo, moderatismo, centro-destra, di vecchia e nuova formazione, non riusciranno a presentare in tutti i collegi elettorali delle loro liste e difficilmente avranno il tempo sufficiente per coagularsi intorno ad una coalizione, a meno che non abbia come leader l'autorizzazione di Monti. Se riuscissero ad unirsi avrebbero una base di partenza del 15% dell'elettorato destinato ad ampliarsi a spese di Silvio Berlusconi che, con il Pdl, oggi supera di poco il 10%.
Il cambiamento di rotta del Pdl ha riproposto la contrapposizione tra chi è a favore del cavaliere e chi è contro, favorendo il Pd di Pier Luigi Bersani che recupererà qualche voto di sinistra che si era allontanato e il team di Matteo Renzi, la quota del 30% non è più un'ipotesi.
Diminuirà l'astensione convogliando verso Beppe Grillo il voto di protesta verso la classe politica anche degli elettori che erano orientati verso la diserzione dalle urne: dalla disaffezione alla rabbia!
Ad urne chiuse avremo teoricamente, salvo novità improbabili in corso d'opera, un parlamento spaccato al 50% tra un'asse Pd-centristi montiani e un'opposizione di Lega-Pdl-grillini. Per tamponare i mercati anche l'opposizione a Monti-Bersani-Casini preferirà dirottare Monti al Colle pur di non averlo a palazzo Chigi ove Bersani dovrà negoziare, di volta in volta, i provvedimenti di legge. Una situazione politica incerta e appesa ad un filo ove solo la presenza di Monti al Quirinale potrà fungere da garanzia verso i paesi esteri, la Bce, i mercati e la finanza internazionale.