martedì 16 novembre 2010

Toddi e l'aldilà

Come mai, mi è stato osservato, tu che citi sempre Toddi e il suo libro Geometria della realtà ed inesistenza della morte, nel post del 12 scorso (Popolo credulone!), hai messo in dubbio l'esistenza di un luogo di beatitudine dopo la morte, cioè la sopravvivenza dell'anima?
Rispondo: attenendomi alla letteratura scientifica (cioè alla dimostrazione dell'asserito mediante ripetizione indotta dell'evento) devo credere alla legge di Antoine-Laurent Lavoisier (nulla si crea e nulla si distrugge), seguendo Toddi presumo che tutto si trasforma in un itinere infinito ove nulla è uguale al primitivo stato; pertanto se lo spirito o l'essenza vitale (che ancora non sappiamo valutare) sopravvivono alla morte, quello che rimarrà di noi non potrà essere legato alle esperienze passate, agli affetti, agli odii, alle pulsioni dell'animale-uomo vivente e neppure alle sembianze terrene. Sarà una nuova vita, senza memoria, senza forma, senza sensazioni terrene, altrimenti dopo la morte continueremmo ad essere in uno stato di agitazione, vendette o arrivismo che mal si conciliano in presenza di una condizione estracorporea.
Anche in base a quelle rare testimonianze di attendibili sedute cosiddette spiritiche i colloqui sono avvenuti con "anime inquiete" di caduti in battaglia, artisti inappagati, dame insoddisfatte, e via di questo passo, che forse non hanno ancora compiuto la trasformazione essendo in un periodo di decantazione dalla scorie terrene. Quanto poi alla cosiddetta preveggenza dei medium, quando non è cialtroneria, rientra in quei casi di intuizione trasmessa incosciamente da uno o più partecipanti: in determinate circostanze concentrando il pensiero su un oggetto o fatto possiamo trasmettere, anche a distanza, quanto pensato. Molti popoli ancora primitivi e gli eschimesi, prima del contatto con la civiltà occidentale, tramettevano i messaggi da una tribù all'altra affidandoli al pensatoio dell'anziano capo-clan.