giovedì 20 gennaio 2011

A proposito di privacy

Sembrerebbe che il prefetto di Genova si sia fatto installare un bagno da centomila euro nel suo ufficio. Avendo avuto in passato una certa consuetudine con i gabinetti ministeriali (quelli burocratico-ammninistrativi) posso dire che in quasi tutti i ministeri ci sono, accanto alle stanze dei titolari, camere attrezzate con letto e relativo bagno. Un politico, nel pomeriggio, era solito richiudersi in "ufficio" per una pennicchella ritemprante dagli stress diurni e notturni connessi alla sua carica; nel ministero si diceva che, in quelle ore, non voleva essere disturbato perchè stava lavorando. Un ministro del Tesoro, democristiano, si era fatto fare un appartamento nel ministero: forse per sorvegliare meglio la cassaforte, quale titolare della cassa statale. In una sede distaccata della presidenza del Consiglio dei Ministri una funzionaria (che poi fece una rapida carriera) era solita dare ripetizioni agli studenti, forse per arrotondare il magro stipendio!
A volte il morboso interesse del popolo verso i comportamenti dei vip non tiene conto delle ragioni degli interessati ed è alimentato dagli editori di giornali. Fare il prefetto in una città bollente come Genova (ricordiamoci del G8) non dovrebbe essere facile, per cui, in caso di una improvvisa esigenza fisiologica, come la diarrea, non sarebbe igienico avere un bagno in comune con gli altri; oltretutto cosa c'è di meglio di una bella sauna rilassante a fronte delle quotidiane tensioni?
Per proteggere il popolo da ingiusti pettegolezzi, eventuali liti o separazioni familiari, i legislatori hanno cautelato la riservatezza personale da foto abusive, intercettazioni telefoniche e così via. A quanti di noi, parlando al telefono con un'amico, sarà scappato di dire "quello è uno s..." riferendosi ad un comune conoscente; un epiteto non elegante in privato ma necessario nelle trasmissioni televisive per alzare gli ascolti. O sussurare "ti bramo" all'amica di turno proprio mentre la moglie è in ascolto all'altro telefono, per non parlare della trattazione di affari non propriamente legali e così via. Tutte intromissioni nella privacy destinate a troncare carriere, rapporti matrimoniali o ingerenza della guardia di finanza. Solo che il popolo sinora regolava codeste ingerenze con delle belle scazzottate, strappi di capelli e fioriti insulti. Anche se, finalmente, i vip sono passati alle contumelie e alle mani per darsi visibilità (in un mondo ove tutti siamo ormai grandi fratelli e letterine in cerca di notorietà) c'è ancora qualche categoria che difende il suo intimo, la privacy; sono i parlamentari e gli affaristi. Persino i mafiosi hanno iniziato a parlare scioridando in piazza i panni sporchi!
In una società dell'informazione che ha fatto proprio il motto dei public relation men "fare (bene) e farlo sapere" (dimenticandosi "bene") a chi giova la privacy? Neanche alle escort perchè per loro è pubblicità e un avanzamento di carriera nel mondo dello spettacolo, nè agli odontotecnici con ambizioni politiche o alle mezze maniche ministeriali. A chi giova, dunque? Ai frequentatori delle escort, politici in cachemire e  imprenditori che partecipano agli appalti pubblici.

Domani: Silvio Berlusconi