Il Partito Democratico ha raccolto i dieci milioni di firme che si era ripromesso, per far dimettere Silvio Berlusconi. A parte la figuraccia sul sistema di raccolta delle firme, per cui tra i firmatari risultano personaggi famosi come Giuseppe Garibaldi o addirittura Adolf Hilter a dimostrazione del taroccamento possibile in caso di raccolta senza autenticazione della persona, ma anche ammesso che tutte le firme siano autentiche ed anche più di dieci milioni quale ne potrebbe essere la conseguenza? Una specie di referendum che non ha nessun valore legale, per cui il destinatario, imitando una celebre frase di Totò, potrebbe ben dire che con tutta quella carta ci si potrebbe pulire il di dietro. Una raccolta, per galvanizzare il proprio elettorato, che avrà invece ripercussioni negative proprio tra gli attivisti del partito in quanto si renderanno conto che dallo scorso dicembre in poi sono stati mobilitati inutilmente, con spreco di tempo ed energie, prima per il porta a porta e poi per la raccolta delle firme. E, quando qualcuno si mobilita più volte e a lungo per raggiungere un traguardo e non ci riesce, per insipienza di chi lo ha indotto, si sfiducia e perde l'entusiasmo per le battaglie successive, chiedendosi se vale la pena di combattere. Questo si verifica non solo tra gli iscritti ed i votanti ma anche tra i dirigenti: non per nulla il Pd ha perso in un anno venti deputati che hanno lasciato il gruppo parlamentare, nel silenzio - quasi censorio - degli organi di informazione. C'è poco da essere soddisfatti, è una vera e propria sconfitta.
Anche Gianfranco Fini non può dirsi soddisfatto, pur avendo creato un nuovo partito con l'intento di defenestrare Berlusconi, lo scorso dicembre o con elezioni politiche anticipate o con un governo d'emergenza nazionale, sta perdendo consensi nei sondaggi e tra i parlamentari che ritornano pentiti dal padre-padrone. Tra i politici, passati gli entusiasmi per una vittoria vicina è subentrata la prudenza per un seggio sicuro o la nomina in un ente pubblico; negli elettori la consapevolezza che quest'anno non saranno chiamati alle urne, tante vale stare a vedere gli eventi.
Il premier è convinto di aver vinto e innalza proclami di vittoria ma sono solo sbandieramenti di intenzioni, neppure con i venti e passa deputati riconquistati riuscirà a gestire quanto annuncia, anzi i malumori in seno al partito aumenteranno. Con il nuovo gruppo parlamentare dei "responsabili" potrà dire di aver riconquistato la maggioranza in seno a qualche commissione, togliendola al Fli, ma a quale prezzo? Ministeri, sottosegretariati e nomine in enti pubblici in favore di qualche figliol prodico ritornato a casa, scontenteranno leghisti e fedeli ascari. Col passare del tempo la scelta solleverà malumori e chi non ha avuto nulla si presenterà alla cassa.
Anche Gianfranco Fini non può dirsi soddisfatto, pur avendo creato un nuovo partito con l'intento di defenestrare Berlusconi, lo scorso dicembre o con elezioni politiche anticipate o con un governo d'emergenza nazionale, sta perdendo consensi nei sondaggi e tra i parlamentari che ritornano pentiti dal padre-padrone. Tra i politici, passati gli entusiasmi per una vittoria vicina è subentrata la prudenza per un seggio sicuro o la nomina in un ente pubblico; negli elettori la consapevolezza che quest'anno non saranno chiamati alle urne, tante vale stare a vedere gli eventi.
Il premier è convinto di aver vinto e innalza proclami di vittoria ma sono solo sbandieramenti di intenzioni, neppure con i venti e passa deputati riconquistati riuscirà a gestire quanto annuncia, anzi i malumori in seno al partito aumenteranno. Con il nuovo gruppo parlamentare dei "responsabili" potrà dire di aver riconquistato la maggioranza in seno a qualche commissione, togliendola al Fli, ma a quale prezzo? Ministeri, sottosegretariati e nomine in enti pubblici in favore di qualche figliol prodico ritornato a casa, scontenteranno leghisti e fedeli ascari. Col passare del tempo la scelta solleverà malumori e chi non ha avuto nulla si presenterà alla cassa.