giovedì 11 aprile 2013

Tornare al voto?

Chi si occupa di politica, dal versante dei partiti e da quello dei giornalisti, sostiene che stante l'attuale situazione di incertezza - per la difficoltà di un accordo duraturo per tutta la legislatura tra i due maggiori partiti tradizionali - sarebbe meglio tornare alle votazioni, magari modificando la legge elettorale o ripristinando il porcellum. Secondo gli assertori del ritorno al voto, una parte degli elettori dei grillini ritornerebbero nell'alveo dei partiti dai quali erano fuggiti (Pd e Pdl) per inseguire il sogno di cambiamento di Beppe Grillo. In effetti questo è vero perchè il Movimento cinque stelle sinora ha dimostrato di essere quello che era nel corso della campagna elettorale: l'esasperazione distruttrice di un popolo in rivolta alla ricerca di un messia e di una nuova luce.
Una volta entrati nelle stanze delle istituzioni i grillini hanno conosciuto il disorientamento derivante dalla mancata conoscenza (o ignoranza) delle basilari regole di democrazia parlamentare, relative all'applicazione di regolamenti e prassi (scritte ed orali) del funzionamento delle istituzioni (commissioni, governo, poteri dei parlamentari, ecc.); così come nella presentazione delle proposte di legge che perlopiù devono fare riferimento a leggi in corso da richiamare o modificare e - soprattutto - nel caso di proposte di spesa (o variazione di spesa) indicare la fonte di finanziamento. Il mestiere del parlamentare non s'improvvisa: lo si apprende in aula o lo si studia nelle scuole di partito, se non si è fatta la trafila di consigliere comunale, sindaco o assessore regionale.
Tornare al voto non è la soluzione giusta per il Paese che ha bisogno di un governo subito per far fronte non solo ai problemi interni ma agli impegni di rappresentanza ed economici internazionali per non essere preda di una spirale di declino economico che ci porterebbe allo stesso piano della Grecia. Occorre un governo duraturo che dia l'impressione di saper uscire dal pantano in cui i partiti si sono immersi.
Nuove elezioni vorrebbero dire stallo per qualche mese, mancata credibilità internazionale e conseguente riflesso negativo sul mercato finanziario e sugli investimenti esteri. Inoltre votazioni a distanza di pochi mesi l'una dall'altra cambierebbero di poco l'instabile equilibrio del parlamento, l'elettore ballerino può girare a destra, a sinistra o starsene a casa. Cosa vogliono i partiti?
Meglio sarebbe, dopo qualche anno di pausa con un governo sostenuto dalle forze politiche, prevedere una legge elettorale basata sul doppio turno: ballottaggio fra i due candidati più votati, con un premio di maggioranza per consentire al governo di navigare in acque tranquille.