Incalzati dall'opinione pubblica, pressati dai mezzi di comunicazione e impauriti dal successo di Beppe Grillo il governo ed i partiti hanno annunciato che il finanziamento ai partiti sarà abolito da una legge in corso d'opera, nel senso che lo schema sarà proposto dal governo, emendato dal parlamento e varato alla fine dell'iter (tra qualche mese). Un annuncio che sa di presa in giro.
Anzitutto il decreto andrà pienamente in vigore nel 2017, sino ad allora sarà applicato parzialmente (e ci potrebbe anche star bene tenendo conto dei dipendenti e delle minori spese da effettuare gradualmente per adeguarsi al nuovo regime). Abolito il finanziamento verrà istituito il rimborso ai partiti presenti in parlamento sulla base di quanto donato spontaneamente dai cittadini (che potranno detrarre l'importo dal 730) attraverso una tassa aggiuntiva (perché di vera tassa si tratta). Infatti si potrà scegliere, col sistema della crocetta, di dare il 2 per 1000 del proprio reddito o ai partiti (un unico calderone da cui attingeranno) o all'erario: non ci sono altre scelte. Come considerare il denaro versato all'erario? Donazioni? O un vero e proprio prelevamento aggiuntivo?
Inoltre: l'approvazione di una leggina, proposta da cento deputati di vari partiti per tornare a votare (nel caso in cui non fosse stata modificata l'attuale legge) col vecchio sistema del mattarellum è stata bocciata da governo e parlamento poiché considerata "intempestiva": ci stanno pensando loro attraverso una riforma generale che contemplerà anche la differenziazione tra camera e senato, il presidenzialisno ed altre cosette.
Però la cosiddetta abolizione del finanziamento ai partiti non è stata considerata intempestiva ma stralciata dalla riforma generale e subito presentata: due pesi e due misure se si raffronta con la proposta di un'immediata modifica della legge elettorale.