mercoledì 7 novembre 2012

Indicazioni politiche

- Nel dibattito di Omnibus de La7 tv, di domenica scorsa 4 novembre, Paolo Messa, direttore della rivista culturale Formiche e consulente del governo di Mario Monti, parlando a titolo personale ha sostenuto l'esigenza di anticipare le elezioni politiche facendole coincidere con quelle regionali del Lazio, Lombardia e Molise. Un'esigenza basata su due presupposti: il risparmio di denaro pubblico in un'unica chiamata elettorale e la constatazione che ormai i partiti già sono in campagna elettorale. Uno scontro politico tra e in seno ai partiti che il Paese non potrà permettersi per lunghi mesi, pena l'instabilità legislativa e il danno economico sul piano interno ed internazionale. Proprio quello da noi sostenuto nel post del 28 ottobre scorso: Alle urne, subito!
 
- Il recente risultato elettorale delle elezioni regionali siciliane ha confermato la caduta verticale dei partiti minori; essendo un fenomeno che ha coinvolto tutti i movimenti politici, quindi un'espressione d'opinione pubblica generalizzata (data dalla sommatoria delle varie opinioni politiche) un significato dovrà pur averlo: la politica ha stancato, non è più credibile, sia quella dei partiti al potere che quella dei movimenti d'opposizione! Il dato è avvalorato anche dal 52% dell'astensionismo. L'elettore non ascolta più promesse e recriminazioni, vota per chi promette di spezzare il sistema, di punire la casta; e punisce anche coloro che in questi anni, pur essendo in parlamento e nelle piazze, hanno tuonato contro il sistema godendone dei benefici. E' in questa chiave che si spiega il successo del Movimento cinque stelle, il partito del vaffa.
L'Italia dei valori, di Antonio Di Pietro, ha sin qui avuto successo perché il leader (o padrone del partito) ricordava i tempi in cui il pubblico ministero si scagliava contro Silvio Berlusconi. Una battaglia che ha proseguito sul piano politico ed in parlamento, ma una volta caduto Berlusconi viene meno anche il suo antagonista, nè premia più richiamarsi ai "valori", il popolo oggi vuole il giustizialismo populista.
L'offerta di Beppe Grillo a Di Pietro quale presidente e alleato, se non verrà insabbiata al più presto possibile, rischia di far perdere consenso elettorale al Movimento cinque stelle: Di Pietro è in calo vertiginoso e sta seguendo la sorte di Gianfranco Fini, Fausto Bertinotti, Roberto Formigoni, Umberto Bossi, Sergio D'Antoni e decine e decine di personaggi che hanno campato di e grazie alla politica. Inoltre i cosiddetti poteri forti, che si nascondono dietro la proprietà dei quotidiani e dei settimanali più venduti, non aspettano altro di sostituire al cavallo pazzo Grillo (utile per aver scompaginato le carte politiche e creato attese per un nuovo messia) gli esponenti della società civile, espressione della finanza e dell'industria italiana ed internazionale.
Comunque ci giriamo "siamo messi male", come diceva il perpetuo di  Nino Manfredi nel film di Mario Monicelli Nel nome del Papa re.