Nella puntata n. 25 abbiamo evidenziato la differenza tra pubblico e folla, essa è importante perchè i comportamenti e i tempi dei due agglomerati umani sono differenti. Mentre un pubblico può formarsi ed assumere i suoi connotati nell'arco di tempo dei rinnovatori o futuristi (puntata n. 22) la folla si manifesta solo nel periodo moderno e maggiormente nel post-moderno. Questo perchè la folla agisce in base ad una suggestione (emozione) temporanea ove le circostanze modali esigono il nesso spaziale, cioè il contatto fisico (visivo ed uditivo) tra le persone partecipanti; inoltre una folla risponde instintivamente agli stereotipi dell'epoca e del territorio: ai luoghi comuni, all'istinto predatorio, ai bisogni primari veri o indotti, al fascino dell'eloquenza, all'immaginario. Il pubblico si forma lentamente ma una volta raggiunto lo standard di appartenenza a quel pubblico è stabile e muta opinione solo in presenza di eventi eccezionali dipendenti dalla maturità del soggetto o attinenti al leader del gruppo, per aderire (anche inconsapevolmente) a quel pubblico occorre una lenta assimilazione dei messaggi e degli stereotipi di cui è portatore quel determinato gruppo umano demodoxalogicamente definito pubblico (oggettivo, soggettivo, virtuale o complesso).
Dato che, complessivamente, i tempi di evoluzione tra un luogo (o epoca storica) e il successivo o limitrofo dipendono dallo sviluppo delle idee e della tecnica (vedasi la spiegazione del grafico in alto nella puntata n.8) e che a fronte del progresso scientifico vi sono sempre popoli o (in seno agli stati) pubblici più avvertiti degli altri (come il progresso tecnico-scientifico degli Usa avanti di decenni rispetto all'Europa o la percezione nel 1820 dell'antischiavismo nel Nord America rispetto al Sud), si sviluppano sempre pubblici innovatori o futuristi destinati a trainare la società. Codesti pubblici sono l'oggetto dell'indagine demodoxalogica sui trend del Paese o processo in corso in quanto rappresentano la punta dell'iceberg e quindi sono i segnalatori del futuro che verrà, il dejà vecu di Franco Rizzo (puntata n.1) che così sintetizziamo dal suo libro Consenso ed istituzioni (edizioni scientifiche italiane, Napoli 1981):
"In che misura e fino a quando l'antico conviverà con il nuovo? Quale sarà la resistenza della tradizione [...] Dobbiamo in qualche modo avvicinarci al mondo di domani, che avanza tanto rapidamente da consentirci di riconoscerlo già in molte delle cose che fanno parte del nostro quotidiano; tanto che, osservandole, soffriamo già una sensazione di malessere connessa al non conosciuto. E c'è da aggiungere che questo non conosciuto, che, appunto, stiamo già vivendo, ci appare, a volte, come un dejà veçu [...] Un'epoca di transizione pone un problema metodologico [...] E' necessario sondare una realtà complessa e contraddittoria [...]".
Nella prossime puntate affronteremo il metodo demodoxalogico.
(continua -26)