lunedì 14 gennaio 2013

La nuova Era


Come sinora sostenuto nelle scorse puntate siamo entrati in una nuova Era ove grazie alla tecnologia assisteremo all'esaltazione delle novità e delle idee, accantonando le vecchie ideologie (sociali, politiche, religiose) per privilegiare le proprie convinzioni, necessità e desideri; una specie di società egoista fondata su monadi che comunicheranno attraverso le novità delle telecomunicazioni informatiche cullandosi nell'apparenza delle cose e nei legami virtuali della Rete e del proprio clan familiare, lavorativo e territoriale. In Lineamenti di sociologia dell'emigrazione (editore Istituto bibliografico Napoleone, Roma gennaio 1987) abbiamo scritto che ci stavamo avviando:
"verso l'era dell'informatica che si basa sulla moltiplicazione delle idee. Quindi un futuro di cultura, di demassificazione, di stimoli a gestire in proprio la vita ed i rapporti con gli altri e il non conosciuto. Nel post-industriale l'individuo se la dovrà cavare da solo altrimenti non sopravviverà. Per questo motivo abolirà qualsiasi tipo di mediazione collettiva per passare a forme di mini-associazionismo (di produttori, di utenti, di consumatori, culturale o ricreativo, ecc.) come prima tappa di una riforma dello stato e dei poteri decisionali, perché la possibilità di comunicare immediatamente o direttamente rende inutile, e a volte dannosa, l'intermediazione degli altri o delle istituzioni. Ed anche perché si prenderà sempre più coscienza che la delega ha portato l'umanità sull'orlo di catastrofi nucleari o ecologiche. La svolta consisterà in una apparente anarchia derivata dalla multiformità di direzioni o decisioni per cui la gente considererà se stessa non come facente parte di un gruppo omogeneo (etnico, religioso o politico) ma, ha detto Tofler (*), come individui differenziati, ciascuno con i propri bisogni e desideri. Questo perchè la tecnologia farà perdere più lavoro di quanto si riuscirà a trovare, ha specificato Caselli (*), cioè diminuirà la quantità di lavoro socialmente e tecnicamente necessario, con conseguenti minori garanzie ai meno qualificati e più propensione verso lavori autonomi e forme di tipo cooperativistico o lavoro nero. [...] Alcuni punti fermi faranno sentire il loro peso. Essi sono:
- l'evoluzione demografica, con l'allungamento della vita media e la diminuzione delle nascite;
- il diffuso ed accresciuto benessere, che ridurrà le spinte rivoluzionarie (basate sulle aspettative) trasformandole in momenti di partecipazione e progettazione;
- l'avvento del telelavoro e la conseguente diversa organizzazione del lavoro e dei servizi.
Sinora chi ha avuto beni materiali o braccia da offrire ha potuto soddisfare anche il bisogno della conoscenza. Un bisogno che caratterizzerà il post-industriale e che si distinguerà dal passato per la sua pervasività, globalità e velocità. Infatti, da sempre, ai popoli rimasti indietro nella conoscenza è stato imposto di credere e di adottare le invenzioni (tecniche o ideologiche) dei paesi dominatori. L'industrializzazione in Europa sorse nell'800 ad opera di circa 200 maestri inglesi che forgiarono generazioni di artigiani francesi, danesi e tedeschi. Nella società post-industriale, a causa dell'aumentato divario tra ricchi e poveri (di idee da offrire), predomineranno tre aspetti di migrazioni:
- quelle provenienti dai paesi del Terzo mondo, con lavoratori che andranno ad occupare i posti più pesanti e dequalificati;
 - quelle interne allo stato, con lavoratori dequalificati e poco assistiti in cerca di opportunità verso le zone più industrializzate;
- quelle internazionali, di tecnici e specializzati che si stabiliranno nei paesi produttori di alta tecnologia.
[...] Stante quanto sopra la sociologia dell'emigrazione potrebbe essere un utile strumento per capire i bisogni e le aspettative di un gran numero di uomini che hanno lasciato, o si apprestano a lasciare, i paesi d'origine e le usanze praticate nel loro ambiente familiare, per trapiantarsi (spinti dal bisogno o dalla curiosità) in paesi con diversi costumi, ideologie e tecnologie, clima ed ambiente. Secondo questa disciplina è importante l'accostamento territorio-popolazione-risorse e il loro equilibrio. La devastazione (politica ed ecologica) dell'ambiente o l'alterazione del rapporto bisogni-risorse non può che produrre la rottura del naturale equilibrio, con conseguente emigrazione o con fenomeni di disordine sociale ed economico.[...]"
Se riflettiamo su quanto avvenuto dal momento in cui abbiamo divulgato quanto sopra (dal 1980 al 1988 attraverso conferenze, lezioni, articoli e relazioni) sino ad oggi possiamo constatare, dopo trentatré anni,  che l'analisi aveva posto le basi per una corretta visione del futuro. Invece ancora una volta dobbiamo rammaricarci per il ritardo degli accademici e dei politici sottolineando che il primo corso di Sociologia dell'emigrazione è stato istituito appena dieci anni orsono così come la Psicologia Sociale che entrò nel piano di studio della laurea in Sociologia con oltre venti anni di ritardo.
Comunque, per riepilogare le ultime puntate, l'Universo è in espansione e la Terra vi percorre, nel Tempo, uno Spazio adeguando progressivamente la vita dei suoi abitanti nel rapporto Ambiente = Territorio/Popolazione/Risorse. L'immagine è tratta da Il mondo in cui viviamo (Mondadori editore, 1956) e raffigura la Terra nel suo passato e nel suo futuro: dalla nascita di una nube di pulviscolo cosmico, condensata, raffreddata e solidificata sino a come appare nel suo aspetto attuale; ma a mano a mano si allontanerà nel tempo e nello spazio in un universo popolato da inumerabili mondi paralleli.
In conseguenza del cammino della Terra muta anche il sapere, connesso alle scoperte della dilatazione del mondo: Ora siamo entrati in una nuova era e molte cose cambieranno, dalla vita quotidiana alle istituzioni politiche. Solo i popoli che sapranno afferrare il cambiamento ed affrontare le novità potranno considerarsi i futuri dominatori del pianeta lasciando, come al solito, in posizione marginale o subalterna seppure sotto altre forme le popolazioni che non si saranno adeguate alla cultura dei vincitori.

(*) Alvise Toffler politologo americano.
(*) sindacalista economista.
(21 - continua) 
Domani: Marketing della politica.