mercoledì 2 gennaio 2013

Politica e giustizia

L'abbandono della magistratura per abbracciare le candidature politiche da parte di alcuni giudici, come Pietro Grasso e Antonio Ingroia, ha di nuovo sollevato polemiche tra coloro che nell'ingresso in politica dei giudici vedono il pericolo di inquinamenti: chi è in magistratura non può fare politica o divenire parlamentare. Quando un giudice emette una sentenza o un magistrato conduce le indagini c'è sempre il pericolo oggettivo che l'ideologia prevalga sulla giurisprudenza, i casi sbandierati da Silvio Berlusconi e i suoi avvocati (peraltro parlamentari) fanno testo. Quindi se le toghe rosse lasciano il palazzo di giustizia per andare a palazzo montecitorio lo scontro tra le due fazioni (magistrati di sinistra contro gli avvocati del cavaliere) si ripeterebbe nelle aule del parlamento, come se adesso ciò non avvenisse! Il pericolo maggiore è che una toga rossa potrebbe diventare ministro della giustizia! Sarebbe questo il problema? O, forse, che dei giudici che hanno condotto indagini su retroscena della politica fanno paura se divenissero parlamentari potendo avere le mani libere?
Ogni cittadino, per esperienza e conoscenza, ha da ridire sulla magistratura del nostro Paese. Lungaggini dei processi, inquinamento delle prove, decisioni che non soddisfano. Normalmente quando due soggetti si rivolgono alla giustizia entrambi pensano di avere ragione ed è comprensibile che uno dei due non sarà soddisfatto della sentenza; però - specie se sono cause di rilevanza economica o di cittadini contro personaggi altolocati - avvengono con troppa frequenza spostamenti di giudici in corso d'opera (per promozioni o trasferimenti, senza attendere la conclusione del processo) e rinvii ripetuti nel tempo. In questo caso conta molto l'abilità del proprio avvocato nel sapersi avvalere degli interstizi del codice, dei falsi testimoni e, spesso, delle conoscenze in alto loco e dell'amicizia con l'avvocato avverso. Un ex giudice, con una lunga carriera ed esperienza, potrebbe nella sua veste di ministro modificare quegli articoli del codice che eliminano i casi accennati e tutte le altre distorsioni, quindi ben venga in politica!
Ma l'aspetto più pernicioso e distorsivo per un Paese che vorrebbe essere democratico è quello sotterraneo dei magistrati "comandati ad altri incarichi", pur rimanendo nei ruoli della magistratura: nelle segreterie dei ministri e a capo di enti pubblici, ove fra loro e con l'appoggio della consorteria di appartenenza bloccano o favoriscono l'iter di leggi e provvedimenti ministeriali.
Un problema sollevato nella trasmissione Omnibus de La7tv del 29 dicembre scorso dall'onorevole Roberto Giachetti (Pd) in contrapposizione al senatore Lucio Malan (Pdl) sostenitore dei frequenti errori giudiziari.

Domani: la 19^ puntata sulla demodoxalogia
Venerdì: Berlusconi spaventato.