martedì 19 ottobre 2010

L'arroganza imprenditoriale

Nel consueto dibattito tra giornalisti su Omnibus la7 tv del 18 scorso è emerso quanto ho prospettato, più volte e da decenni, nei siti e nei corsi: tutti i giornali hanno degli editori che in buona parte sono imprenditori in altri campi; che i giornali e i giornalisti sono autonomi rispetto alla proprietà del giornale (che concide con il datore di lavoro) ma qualche suggerimento o paterno consiglio arriva da parte della proprietà al direttore e ai capi redattore. Trattasi di suggerimenti a tralasciare o minimizzare (in iglese understatement = attenuazione del vero) oppure ad enfatizzare e sbattere in prima pagina questo o quell'argomento gradito o sgradito all'editore.
La conseguenza è che la massa delle informazioni che ci giunge spesso non corrisponde alla realtà, per eccesso o difetto. Come districarsi in un tale labirinto? Riducendo l'informazione (in questo caso comunicazione, in quanto incompleta per eccesso o difetto) allo stretto essenziale. Facciamo un esempio: l'azienda Caio chiude la sede italiana o per traslocare all'estero, in quanto la manodopera costa meno oppure perchè ritiene di non essere più competitiva. Nell'uno come nell'altro caso l'evento principale è la chiusura ed il relativo licenziamento degli operai. L'aspetto ha tre facce (come la moneta di Antonella Liberati): la proprietà che tutela i propri interessi, i dipendenti preoccupati per il loro futuro e lo Stato che vede l'aumento dell'inquietudine sociale e la diminuzione dello sviluppo economico nazionale. Un evento la cui soluzione necessita una mediazione fra le tre parti in causa ricorrendo a formule nuove, capaci di salvare capra e cavoli. Le lotte sindacali del Novecento non pagano più, così come non è più tollerabile l'arroccamento degli imprenditori. Cinquant'anni fa si affacciò, in Parlamento, l'idea dell'azionariato operaio che aveva dei punti negativi per ambedue i soggetti e anche per qualche settore produttivo. Non si potrebbe rivedere l'idea abbinandola ad una forma di obbligazionario privilegiato (partecipazione agli utili senza diritto al voto assembleare) controllato e incentivato dallo Stato? Per gli operai sarebbe una specie di garanzia per il loro futuro (con la sopravvivenza dell'azienda), per gli azionisti una cessione di quote (senza nessun esborso monetario ma virtuale) in cambio della cessazione dei conflitti e di una diversa produttività.