giovedì 31 gennaio 2013

Paradossi sociali

Quando si tratta di pagare le tasse nessuno lo fa con animo sereno, eppure le tasse servono, come dice uno spot del governo, per avere più scuole, ospedali, servizi e così via. C'è una specie di risentimento che nasce spontaneo anche quando sono giuste ed eque mentre non c'è quando si acquistano biglietti della lotteria, si fanno scommesse o si contribuisce per opere di solidarietà. Eppure il denaro versato con le tasse migliora la vita di tutti (a cominciare da chi lo amministra: politici e funzionari) mentre quello speso per giochi e lotterie è puramente una finzione o sogno di un auspicabile benessere: qualcosa di impalpabile che non ritorna al cittadino in altra forma.
In ogni caso è sempre difficile applicare e capire quale sia una tassazione giusta. Facciamolo con ipotetici esempi ragionando per assurdo con dei paradossi.
Un tizio che non ha redditi e vive in una casa popolare assegnatagli dal comune in quanto disoccupato, gira con un'auto Mercedes e ha la casa piena di quadri, mobili d'antiquariato e sculture; ma non risultando redditi rientra di diritto tra le categorie sociali considerate povere. Troppo facile sarebbe chiedergli dove trova le somme sufficienti da dedicare all'arte, oltre alle difficoltà burocratiche (chi ha titolo nel porre domande: un magistrato o un pubblico ufficiale?; esiste una norma che autorizza ciò?) il soggetto potrebbe rispondere che sono regali o eredità. In effetti io ricordo di aver visto a casa di un ex sindacalista tante di quelle opere artistiche e oggetti di valore, avuti in dono, da dare l'impressione di essere in un negozio d'arte.
Se un benestante si compra una barca di quattro metri pagherà 100 la barca più 10 di iva, se la barca sarà di dieci metri pagherà 250 + 25 con l'iva al dieci per cento, ma con una iva progressiva e rapportata al valore di quanto acquistato pagherà trenta di iva, e così sempre di più in base al costo del bene.
In effetti l'imposta sul valore aggiunto, a prima vista, sembrerebbe la soluzione: non si pagherebbero più imposte personali sul reddito (dichiarato e certificato) ma sui beni e servizi che, come tali, sono più facili da individuare specialmente alla fonte.
Però, c'è sempre un però, chi riterrà l'iva troppo alta potrebbe decidere di trasferirsi all'estero, in quei paesi ove si paga di meno, come oggi già avviene con la tassa sulle persone fisiche (vedasi Sofia Loren, Mina, i coniugi Rita Pavone e Teddy Reno, in compagnia di una folta schiera di industriali). Basterebbe mettere l'iva progressiva sui beni di lusso un punto in meno della media europea anche ci sarebbe sempre qualcuno che se ne andrebbe dall'Italia o che non comprerebbe i prodotti italiani. Infatti il nodo dell'iva (come dell'irpef) consiste nel tenerla sotto la soglia della convenienza all'acquisto: vendere barche, gioielli, alta moda o altri prodotti vuol dire mantenere l'occupazione in quel settore lavorativo, difendendone inoltre l'italianità; così come dicono i fabbricanti italiani di armi che vendono all'estero e allo Stato.
Un fisco proporzionalmente equo non è sinonimo di invidia sociale ma di un Paese culturalmente moderno.