giovedì 1 marzo 2012

No Tav

Secondo lo scrittore del Novecento Pitigrilli i cittadini che inneggiavano nelle piazze alla Rivoluzione francese  richiedevano a gran voce la charte, cioè la carta costituzionale dei diritti; ai rivoluzionari consapevoli si aggiunse il popolo (allora analfabeta) che sceso nelle strade di Parigi iniziò a richiedere la chatte (la gatta) per assonanza con la charte ed ignoranza del reale significato di quelle manifestazioni rivoluzionarie.
Questo perchè l'umanità si aggrega a qualsiasi manifestazione di dissenso, più per un inconscio sfogo liberatorio dalle ingiustizie o difficoltà  giornalmente patite che per adesione ai motivi della protesta. Si protesta per protestare. Così è anche in Val di Susa, i valligiani (promotori della no tav), lottano per difendere il territorio; qualche aspirante al seggio parlamentare e le organizzazioni politiche si sono aggregati per raccogliere consensi e voti; i blak bloc in quanto portatori di un'ideologia che tende a distruggere tutto dell'odierna società per costruirne un'altra. Infine il popolo.
In cosa consiste il motivo della protesta? Nel non far passare i treni ad alta velocità perchè sono un danno per l'ambiente. Già trent'anni orsono i valligiani inscenarono dure e lunghe proteste contro la costruzione dell'autostrada che, a loro dire, avrebbe deturpato l'ambiente e ridotto in miseria i piccoli negozi lungo la vecchia e tortuosa strada statale; una protesta quella di allora come l'odierna più legata ad un sentimento di appartenenza (tutto montanaro) che ad una ragione di fondo e di prospettiva europea. I lavori in corso ferirebbero la montagna e, di converso, i loro abitanti. I montanari, in genere, sono legati al bosco e ai suoi abitanti (dai funghi al capriolo), lo mitizzano attraverso fauni e cappuccetti rossi; in breve sentono nel loro dna i componenti della montagna, un sentimento sconosciuto agli abitanti delle metropoli e dei lidi marini.
Ma il popolo che si associa alla protesta  da cosa è mosso? Dalla difesa dell'ambiente dai pericoli che potrebbero venire. Ma anche in pianura e nelle città ci sono pericoli per l'ambiente: dal punteruolo rosso che abbatte le palme all'inquinamento automobilistico, dal cps (piombo) nell'acqua agli smottamenti, e così via. Dovremmo allora erigere barricate ogni giorno e in tutti i luoghi?
Sorge il dubbio che se chiedessimo ai no tav le ragioni della protesta avremmo risposte del genere: il treno veloce spaventa gli uccelli e li fa migrare, l'onda della velocità smuove le tegole delle vecchie case di montagna (costruite a secco) deteriorandole, i fili dell'energia elettrica emanano flussi nocivi all'uomo, la galleria nella montagna è un antro soggetto a probabili incidenti, e così via.
Ma perchè ciò accade solo tra la popolazione del versante italiano? Siamo meno responsabili o acculturati? O semplicemente perchè le proteste aggregano così come al tempo della Rivoluzione francese?