Varie ipotesi si accavallano nell'agone politico, dopo l'uscita dei finiani dal governo, le mozioni di sfiducia dell'opposizione, il richiamo del Quirinale e le intenzioni di Silvio Berlusconi. Accantonare le liti, approvare il patto di stabilità, poi? Andare al voto? E' chiaro che prima di marzo non sarà possibile convocare gli elettori ai seggi, i partiti hanno i loro riti: scelta dei candidati, accordi con altre formazioni politiche, individuazione dei collegi sicuri per la nomenclatura, patteggiamento sugli elegibili, organizzazione della macchina da guerra elettorale, ecc. Anche se, per un colpo di magia, alla Camera e al Senato passasse una nuova legge elettorale (ma quale e perchè svincolata da una riforma generale dei due rami? La Camera elettiva, a doppio turno con il premio di maggioranza e su collegi uninominali, il Senato trasformato in luogo di elaborazione delle regioni e delle categorie del mondo del lavoro), che tenga conto del peso che le regioni avranno con il federalismo, le elezioni non sarebbero possibili a breve termine, anzi anche molto dopo il mese di marzo.
Ma c'è qualcosa che è superiore alle beghe di partito: la situazione economica, che nei prossimi mesi si farà drammatica. Non ci sono solo i buoni del tesoro da collocare (forzosamente) alle banche (e quindi ai risparmiatori) o quelli da vendere sui mercati esteri (Cina e paesi arabi) ma far fronte all'onda del Portogallo e dell'Irlanda che coinvolgeranno qualche importante banca italiana. Non solo, ma a dicembre scadranno gli accordi tra aziende manifatturiere e le banche erogatrici di prestiti: un pericolo (proprio in un momento di crisi) se i banchieri esigessero il rientro immediato dei prestiti erogati, non più garantiti dallo Stato. E come la mettiamo con le regioni alluvionate? Sono tutti provvedimenti di politica economica che non si possono improvvisare ma che vanno concordati con le parti interessate, e per questo ci vuole tempo.
Il Paese non può permettersi una crisi e diatribe elettorali ma attivare uno sforzo comune in direzione delle aziende e dei lavoratori, quale priorità su tutte le altre chiacchiere. In sostanza, questo o un'altro governo che affronti l'emergenza senza ricorrere alle urne. Prevarrà la serietà tra i leader nel compiere qualche passo indietro nell'interesse del Paese?