lunedì 30 settembre 2013

Il leone in gabbia

Molti si chiedono, anche attraverso dibattiti artificiosi che servono solo ad agitare il problema, come finirà l'ormai stancante braccio di ferro tra Silvio Berlusconi e i suoi fedelissimi contro il Pd, il capo dello Stato e il capo del governo. Per intravedere lo sbocco occorre esaminare i fatti sotto tutti gli aspetti (politici, economici, internazionali, giuridici, personali, ecc.) astraendosi dalla partigianeria o simpatia per questa o quella soluzione o personaggio.
Da un obiettivo punto di vista la situazione può essere riassunta con la constatazione che Berlusconi si sente come un leone in gabbia che si agita e ruggisce percependo di essere alla resa dei conti.
Far cadere il governo di Enrico Letta vuol dire far precipitare il Paese, già in bilico di bancarotta, nel baratro danneggiando anche le sue aziende. Far dimettere i suoi parlamentari servirebbe solo a far perdere mesi di tempo prezioso per legiferare in quanto tra coloro che subentrerebbero (per i meccanismi previsti)  molti non intenderebbero tornare a casa a costo di cambiare casacca. Il parlamento potrà sciogliersi se le dimissioni le presenteranno (almeno ad un ramo del parlamento) il 50% + 1 degli eletti ma per raggiungere questa quota occorrerebbero anche i parlamentari della Lega e i grillini. Possibile che abbiano tutti voglia di rimettersi in gioco?
Da parte sua Berlusconi ha la carta della legge elettorale in vigore: il porcellum che lo autorizza a mettere in lista i candidati più fedeli. Trovare una sanatoria per Berlusconi potrebbe essere possibile attraverso un codicillo inserito nella riforma della giustizia ma occorrerebbero tempi lunghi, anzi lunghissimi, mentre incombono il ventilato arresto e la decadenza da incarichi pubblici anche in previsione della conclusione a breve degli altri processi.
Il leone può solo ruggire, sa che questa volta la sconfitta lo farebbe uscire di scena.

(giovedì 3 ottobre la 16^ puntata del corso di demodoxalogia)